Donne e sviluppo, cos’è che non va

di Pia Locatelli


L’ultimo rapporto sull’occupazione dell’OCSE, l’organizzazione che riunisce una trentina di Paesi che si riconoscono nella democrazia e nell’economia di mercato, ancora una volta mette in evidenza l’anomalia italiana tra Paesi che per molti altri aspetti sono molto simili all’Italia: siamo fanalino di coda per tasso di occupazione femminile, meno di una donna su due in età da lavoro è occupata, e solo la Turchia fa peggio di noi. Questa anomalia ne trascina con sé molte altre, delle quali è insieme causa ed effetto: sono tutti troppo bassi il tasso di fertilità, gli investimenti a favore delle famiglie, le presenze femminili nelle istituzioni, le leadership femminili praticamente in tutti i settori.
Sono sotto gli occhi di tutti gli ostacoli che impediscono al nostro di diventare un Paese normale, in primis gli scarsi servizi che rendono difficile conciliare i tempi per il lavoro e i tempi per la famiglia. Purtroppo manca in Italia la consapevolezza che lo spreco di risorse rappresentate dalle donne è una delle cause fondamentali della scarsa crescita e competitività del nostro Paese.

Non lo si capisce, o meglio non lo si vuol capire, perché non bisogna essere dei maghi dell’economia per capire che la produttività di un Paese, oltre che dall’uso degli impianti, è determinata principalmente dal numero delle ore lavorate e quindi dal numero di persone, uomini e donne, che lavorano.
Dietro queste semplici verità stanno problemi di cultura e di stereotipi culturali, di politiche coerenti, ed insieme una buona dose di misoginia.
D’altronde cosa possiamo aspettarci da un Paese in cui il Primo Ministro si serve di escort per affermare la sua presunta virilità ed il Ministro degli Esteri definisce “incapaci di capire gli interessi italiani” coloro che reagiscono alle sceneggiate del dittatore libico che si procura a pagamento finte scolare per le sue finte lezioni di Islam? Siamo sicuri che tutto questo sia normale? Che tutto questo non danneggi un Paese, il nostro Paese?
Consentitemi una nota non in tema ma di estrema importanza: Sostengo con convinzione l’iniziativa del nostro partito degli adesivi con l’effige di Sakineh e l’invito a sottoscrivere l’appello per la sua salvezza. Sono contenta di questo e della mobilitazione che si sta realizzando in diversi Paesi. Le numerose iniziative per tentare di salvare questa coraggiosa donna iraniana, vittima di un regime e di una legislazione che non tengono in nessun conto i diritti umani, sono tutte da sostenere. Qui non devono esserci distinguo.
Sono quindi d’accordo anche con la proposta del ministro Frattini che si dichiara disponibile ad incontrare il suo collega degli Esteri iraniano, Manouchehr Mottaki, per “favorire insieme, nel comune interesse, una positiva soluzione a favore delle vita di Sakineh”. Ma perché Frattini, che ha così buoni rapporti con Gheddafi, non gli ha chiesto cosa ne pensasse? Nella sua lezione a pagamento sull’Islam, il dittatore libico ha dichiarato che le donne musulmane sono più libere di quelle cristiane. Se davvero Frattini intende agire per salvare Sakineh, chieda un aiuto a Geddafi.
Sono passati solo pochi giorni dalla sua dichiarazione sulla libertà delle donne islamiche, non può essersene dimenticato.

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