di Rita Cinti Luciani
responsabile pari opportunità PSI
L’Europa ha fatto giustizia bocciando
la legge 40, normativa sulla procreazione ingiusta, risultato di una
politica sbagliata che viola i diritti delle persone in particolare
delle donne.
La legge che impone l’impianto di tre
embrioni impedendo una diagnosi preimpianto, ha costretto nel caso
di grave malattia del feto trasmessa geneticamente dai genitori a
ricorrere all’aborto che rappresenta sempre, in ogni caso per una
donna un scelta dolorosissima. Quindi una sentenza corretta e
civile, un monito che l’Europa ancora una volta ci fa in materia di
diritti civili. Questo dovrà portare le forze politiche e il
Parlamento a riaffrontare il tema con una nuova legge, una legge che
tenga conto delle conoscenze scientifiche e tecnologie a
disposizione per tutelare il desiderio di maternità e paternità
attraverso una regolamentazione giuridica che si preoccupi di
tracciare i percorsi più corretti all’interno del servizio
sanitario senza trasformare i principi religiosi in norme dello
Stato. Questo è un tema che certamente riguarda laici e cattolici, è
un tema che va affrontato con coscienza ma con coerenza e rispetto
per i diritti umani.
L’ex ministro Sacconi auspica il ricorso dello
Stato contro la sentenza e parla di “prendere surrettiziamente la
via della selezione genetica”, affermazione strumentale e faziosa
che evidentemente non tiene conto del fatto che le analisi si fanno
solo su gravi patologie che possono essere trasmesse dai genitori.
Nei fatti da quando questa legge è stata approvata ha solo
penalizzato le coppie con desiderio di avere dei figli che non
potevano permettersi di andare all’estero. Una storia iniziata nel
2004 con veri tentativi di modifica, dibattiti a non finire e un
referendum che non ha raggiunto il quorum, oggi per fortuna l’Europa
ha fatto giustizia.
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