25 Novembre, sia emancipazione per le donne

Il problema della violenza contro le donne , è stato negli ultimi anni oggetto di numerose iniziative, dibattiti e tentativi di accrescere la sensibilizzazione attorno a questo fenomeno, purtroppo dalle cronache quotidiane in aumento.


Il 25 novembre è la giornata simbolo in ricordo dell’assassinio delle sorelle Mirabal, contro la violenza sulle donne e in moltissime parti del Paese si terranno convegni di approfondimento dei dati sulla violenza di genere nelle relazioni affettive personali e sulla percezione di sicurezza e insicurezza delle donne. Questa data, oltre a ricordare l’evento particolarmente efferato, deve rappresentare la volontà di proseguire con azioni più incisive il contrasto verso i contesti in cui le violenze fisiche, psicologiche, morali ed economiche colpiscono, quotidianamente, l’universo femminile.

I dati ed anche le cronache quotidiane fanno emergere un quadro nazionale sconfortante, ancora largamente sommerso, perché oltre a denunciare raramente, le donne sovente si vergognano a parlare della violenza subita anche con persone amiche. I numeri evidenziano chiaramente come la prima causa di morte e di invalidità per le donne fra i 16 e 44 anni sia la violenza subita dentro e fuori le mura domestiche.

Naturalmente le indagini confermano elementi già noti sul tema e più volte documentati: gli autori delle violenze sono spesso persone conosciute o familiari, raramente sconosciuti. Spesso la violenza fisica e psicologica è esercitata da partner o ex, la violenza sessuale invece spesso da conoscenti o amici. Viene calpestata la dignità più intima e talvolta l’asssenza di leggi adeguate e la paura sono complici di tali violazioni.

Le vittime sono donne di tutti gli strati sociali e non solo donne svantaggiate economicamente o culturalmente come si potrebbe pensare, anzi i dati Istat mostrano che le vittime in molti casi appartengono a fasce sociali benestanti. Certamente insieme a queste esistono ancora tante giovani donne straniere sfruttate e picchiate che ogni giorno si prostituiscono perché minacciate e perchè non sanno dove poter andare.

Nel nostro Paese, circa una donna su tre ha subito una violenza fisica, sessuale o entrambe, la maggior parte di queste violenze sono velate dal silenzio delle vittime perché spesso gli autori sono familiari e quando ci sono dei figli si preferisce il silenzio. Certamente la rete dei servizi e i centri antiviolenza nati in numerose città hanno dato buoni risultati, ma oggi il pericolo è che per mancanza di fondi vengano chiusi o ridimensionati.

Diventa perciò indispensabile che il tema venga affrontato per la gravità che riveste secondo obiettivi e facendo ricorso a una molteplicità di strumenti:

programmi di educazione dei sentimenti e formazione sui diritti e doveri di maschi e femmine, azioni positive per l’uguaglianza di genere, l’introduzione di modelli positivi fin dalla scuola materna.

Il proseguimento e il potenziamento delle buone pratiche realizzate in molte realtà che dovrebbero essere portate a sistema nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale per alleviare e prevenire comportamenti violenti.

Il mantenimento di risorse per i Centri antiviolenza e i programmi di tutela e reinserimento nella società e nel mondo del lavoro delle donne maltrattate, sostegno agli Enti locali e alle numerose associazioni di volontariato che intervengono quotidianamente.

La violenza non può essere vista come una sorta di destino a cui rassegnarsi, lavoriamo insieme perché il 25 novembre non sia solo una giornata di denuncia ma di proposte, un percorso di civiltà che consideri l’emancipazione femminile un bene collettivo che tutti siamo chiamati a difendere.


Rita Cinti Luciani
responsabile nazionale pari opportunità PSI



STOP! alla violenza sulle donne