Per una proposta di legge sulla riforma della scuola media inferiore e superiore

di Maria Squarcione responsabile nazionale scuola del Psi

CONTESTO STRUTTURALE
  • Ristrutturazione degli edifici scolastici per la messa a norma in tema di sicurezza
  • Attrezzare gli edifici di cablatura totale per collegamenti wireless alla rete e di aule destinate ai laboratori scientifici e artistici, di palestre, di teatri per la prosa e la musica
  • Strutturare i tempi di lavoro degli operatori scolastici (docenti e non docenti) sull'intero arco della giornata, con possibilità di turnazioni, così come è previsto per il comparto "lavoratori della conoscenza"
  • Abilitare le scuole all'apertura pomeridiana almeno su 5 giorni lavorativi a settimana
  • Attivazione di una coerente e capillare rete di servizi culturali che comprenda musei, biblioteche, cinema, teatri principalmente destinati al sussidio scolastico, che abbiano orari di apertura compatibili con la fruizione scolastica e con la fruizione da parte degli adulti lavoratori (h.12: finalmente i servizi culturali sarebbero un volano per l'economia giovanile qualificata, come la nascita di cooperative ad hoc, oltre a favorire l'apprendimento per tutto l'arco della vita)
PROCESSO DI RECLUTAMENTO DEL PERSONALE INSEGNANTE

  • Requisito della laurea per tutte le scuole di ogni ordine e grado e per tutte le discipline
  • Percorso biennale formativo ad hoc post laurea e a numero chiuso, a seconda del fabbisogno e inserimento, dopo esame di idoneità, in una graduatoria nazionale. Il percorso formativo dovrà includere materie destinate alle tecniche di insegnamento, orientate fortemente all'uso delle nuove tecnologie e l'apertura di graduatorie per l'insegnamento dell'italiano come lingua seconda
  • Il contratto di lavoro dovrebbe ricalcare quello dei lavoratori della conoscenza: fasce e progressioni economiche periodiche all’interno delle fasce, i cui criteri dovrebbero includere merito professionale, titoli scientifici, anzianità
  • Creazione di una graduatoria nazionale di merito una volta conseguita l’idoneità all’insegnamento dopo la frequenza della scuola superiore per la didattica; la graduatoria sarà poi gestita a livello regionale

STRUTTURA
  • Una riforma della scuola media, il compartimento più a rischio del nostro sistema scolastico, potrebbe prevedere due settori: il primo, ampliato a cinque anni – dagli 11 ai 15 compresi - in grado di delineare la vera fisonomia culturale di base di tutta la popolazione, grazie al trattamento omogeneo di ogni sapere, gestito con gli strumenti più avanzati, in un tempo scolastico ampio, ancora strutturato in classi. Una scuola media davvero formativa, improntata ad un sano equilibrio fra teoria - eventualmente organizzata nelle ore della mattinata - e la pratica di laboratori, estendibili nel pomeriggio. Laboratori scientifici, musicali, artistici, linguistici, ma anche di lettura, di scrittura, di ascolto. Una scuola media ricca di saperi tecnologici, ma che non trascuri, nella teoria e nella pratica, la promozione delle conoscenze scientifiche - di cui soffriamo un deficit davvero preoccupante - e di quelle umanistiche, dalla letteratura e dalla filosofia - che ancora rappresentano il plus del nostro modello formativo, come riconosciuto anche in ambito internazionale - alla storia e alla geografia, ormai fruibili anche attraverso sistemi tecnologici davvero molto amichevoli, come l'utilizzo dell'audiovisivo per la storia e delle utilities di google per la geografia.
  • Assicurata una solida formazione di base, che si occupi anche dello sviluppo fisico, oltre che intellettuale dei giovani fino a 16 anni, attraverso un’attività sportiva giornaliera, questo approccio olistico alla persona si dovrebbe specializzare nei tre anni seguenti secondo modalità più vicine alla dimensione universitaria. Sarebbero utili infatti, nei tre anni successivi delle "scuole medie superiori", piuttosto che semplificazioni, lo smantellamento della strutturazione in classi e l'organizzazione della didattica in corsi, secondo un impianto strutturato su materie prevalenti e sussidiarie. I corsi delle superiori si avvarrebbero di materie professionalizzanti e dunque obbligatorie per l'indirizzo prescelto, ma consentirebbero una maggiore libertà sulle propedeuticità, comprensive anche di discipline ora solamente trattate all'università, come la sociologia o l'antropologia, che, a scelta dello studente, secondo un criterio coerente concordato con i docenti, potrebbero legittimamente entrare nel curriculum formativo di qualsiasi indirizzo. Un sistema simile, veramente laico e scevro da ideologismi, seriamente orientato alla persona, oltre a garantire una solida e omogenea formazione, che favorirebbe la consapevolezza delle successive scelte, riqualificherebbe i professori.

UN CARATTERE PRE-CULTURALE

di Maria Squarcione responsabile nazionale scuola del Psi

 
Ancora una volta le parole del premier e di componenti del governo, che come proprio dovere istituzionale dovrebbero tutelare e garantire il buon funzionamento della scuola pubblica, risultano invece drammaticamente e paradossalmente ostili. Le critiche generiche e infondate nei confronti degli insegnanti che inculcherebbero negli studenti idee diverse da quelle desiderate dalle famiglie confermano la pervicace azione demolitrice dell'attuale governo nei confronti di qualsiasi elemento che riguardi il "pubblico", giudicato pericoloso ed inefficiente, rispetto al "privato", libero ed affidabile. Si tratta oltre che di una interpretazione inaccettabile nei confronti dell'organizzazione scolastica italiana già così in sofferenza, anche di una lettura che denota un arcaico carattere pre-culturale ed una finalità eversiva e destabilizzante verso istituzioni che fanno dello Stato italiano un Stato democratico.

EVERSIVO L'ATTACCO DI BERLUSCONI ALLA SCUOLA PUBBLICA

di Maria Squarcione responsabile nazionale scuola del Psi
Ancora una volta le parole del premier e di componenti del governo, che come proprio dovere istituzionale dovrebbero tutelare e garantire il buon funzionamento della scuola pubblica,  risultano invece drammaticamente e paradossalmente ostili.- Così Maria Squarcione, responsabile nazionale scuola del Psi - Le critiche generiche e infondate nei confronti degli insegnanti - sottolinea Squarcione - che inculcherebbero negli studenti idee diverse da quelle desiderate dalle famiglie confermano la pervicace azione demolitrice dell'attuale governo nei confronti di qualsiasi elemento che riguardi il "pubblico", giudicato pericoloso ed inefficiente, rispetto al "privato", libero ed affidabile. Si tratta - conclude l'esponente socialista - oltre che di una interpretazione inaccettabile nei confronti dell'organizzazione scolastica italiana già così in sofferenza, anche di una lettura che denota un arcaico carattere pre-culturale ed una finalità eversiva e destabilizzante verso istituzioni che fanno dello Stato italiano un Stato democratico

5 PER MILLE: UNA RICONFERMA FASULLA


Daniela Mignogna
Segreteria Nazionale- Dipartimento Socio-sanitario

Il Governo approva e conferma, nel cosiddetto "Decreto Milleproroghe", la cifra di 400 milioni di euro, destinati al finanziamento del 5 per mille al Volontariato e tuttavia decide di mantenere il vincolo di una quota, sino a 100 milioni di euro, per le associazioni impegnate nella SLA (sclerosi laterale amiotrofica).
Sarei grata, in particolar modo al ministro dell'Economia Tremonti, se mi volesse chiarire un aspetto della questione, spiegandomi cosa realmente si intende confermare o variare con questa decisione. A mio parere sembra che ad essere stato veramente confermato sia il taglio dei 100 milioni di euro, sui 400 totali, da destinare appunto alle associazioni impegnate nella SLA. E penso anche che con questa decisione si sia totalmente offesa la nostra intelligenza, credendo che cambiando l'ordine degli addenti non cambi nemmeno il risultato. Invece - anche se il risultato apparentemente è invariato - sostanzialmente cambia e di molto, perché in questo modo si è trovato il sistema per confermare quanto già proposto in passato. Un'ottimo escamotage per confondere le idee.
Chi realmente ha ottenuto ciò che voleva sono quelli che tempo addietro avevano proposto il taglio ai fondi del 5 per mille, che ora "molto elegantemente" è stato confermato.
Bisogna riconoscere che Mario Melazzini, presidente dell'AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica), con una sua nota metteva in forte evidenza che i famosi 100 milioni di euro da destinare alle associazioni impegnate nella SLA non dovevano essere distolti dalla cifra dei 400 milioni del 5 per mille, bensì previsti al di là di quei fondi!
E' "commovente" sentire certi personaggi elogiare le associazioni di volontariato però, all’atto pratico, ecco che arrivano decisioni quantomeno risibili se non vergognose, come quella che ho cercato di spiegare.

LA SCUOLA ANCORA OGGI E’ POCO ACCESSIBILE PER LE TROPPE BARRIERE ARCHITETTONICHE

di Daniela Mignogna  Segreteria Nazionale del PSI - Politiche Socio Sanitarie

Dai dati ISTAT relativi all’integrazione degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di I grado, statali e non, relativa agli anni scolastici 2008-2009 e 2009-2010, sappiamo che sono poco più di 130 mila gli alunni disabili che siedono tra i banchi delle classi italiane. Ma gli istituti che hanno sconfitto le barriere architettoniche sono ancora troppo pochi, seppure in aumento.

A più di 30 anni dall’emanazione della legge (n. 577/77), che ha dato avvio al processo d’integrazione dei ragazzi con disabilità nelle scuole pubbliche, l’ISTAT sottolinea che i risultati conseguiti mostrano in Italia livelli elevati d’inserimento.

L’UMBRIA ED I SUOI PRIMATI

di Claudia Bastianelli

Fino a qualche anno fa, la mia regione era piuttosto anonima per quel che
concerne i cattivi esempi e comportamenti della società. Sono cresciuta con la
fotografia di tanti uomini e donne dalla cultura profondamente di sinistra che
la domenica, però, non rinunciavano ad andare a Messa e per i quali i valori
del cattolicesimo erano base fondante della loro educazione. Nei miei ricordi
ho solo immagini di famiglie unite, dove termini come divorzio o violenza
venivano visti lontani, riferibili alle grandi città, non ammessi in una
società provinciale forse, ma serena. Negli ultimi due giorni però i titoli dei
giornali regionali stanno dimostrando come invece tutto sia cambiato, tutto si
sia evoluto diversamente, tutto sia andato perduto. Ieri: l’Umbria prima
regione in Italia per richieste di annullamento da parte del tribunale
ecclesiastico di matrimoni. Oggi: l’Umbria prima regione in Italia per quel che
concerne la violenza sulle donne. Cosa accade? Forse i coniugi umbri si sono
scoperti all’improvviso meno bigotti nei confronti del divorzio ed hanno capito
che un matrimonio può anche finire, però non sono ancora in grado rinunciare
alla benedizione della Chiesa? Forse le violenze sono sempre esistite, ma oggi
le donne hanno il coraggio di denunciare perché più autonome economicamente,
meno legate al “chissà che dice la gente” e maggiormente assistite da
associazioni ed Istituzioni? Certo è che mai avrei immaginato che l’Umbria,
poco meno di un milione di abitanti, tanti piccoli comuni, tanta brava gente,
sarebbe riuscita nel primato per nulla invidiabile di essere sopra a regioni
popolate da milioni di persone nella violenza. Le donne sono probabilmente
sempre l’anello debole in rapporto, ma il fatto che non ci sia rispetto per il
loro corpo e per la loro integrità fisica, psicologica ed anche economica (nel
caso dell’annullamento del matrimonio) mi rimane ancora impossibile da
accettare. Non voglio addentrarmi in considerazioni politiche o giudizi morali,
sarebbe molto facile analizzare il comportamento della Chiesa in merito e
premiare le Istituzioni dall’altro per aver favorito lo sviluppo di enti a
favore delle donne e delle pari opportunità; voglio, invece, solo dire che lo
sviluppo ci ha portato dei vantaggi, ma anche delle profonde delusioni. Ho
scritto queste poche righe per dire che io ricordo quella fotografia con
affetto, piena di colori dove il rosso delle bandiere era al fianco del bianco
delle candele, dove le donne erano purtroppo solo madri di famiglia e donne di
casa, ma dove il rispetto per ogni essere umano era al primo posto nella scala
dei valori.
 

TRE GHINEE

di Rita Cinti Luciani

Se non ora, quando?” è il titolo della manifestazione che porterà oggi nelle piazze italiane migliaia di donne e uomini a difendere e promuovere l’immagine, il valore e la dignità delle donne in un Paese dove sempre più spesso la rappresentazione del mondo femminile è offensiva e lesiva del contributo che le donne hanno dato e continuano a dare alla crescita della società.

Anche solo parlando della storia d’Italia sono state davvero tante le donne che hanno attraversato la storia spesso in silenzio, che hanno affermato idee, conquistato diritti e combattuto pregiudizi per raggiungere quell’emancipazione politica, economica e giuridica che conosciamo. Lo hanno fatto con determinazione dentro i movimenti e i partiti portando avanti le migliori idee della tradizione laica e cattolica. L’hanno fatto in tante, con sacrificio e senso del dovere anche durante le due guerre del secolo scorso.
Oggi i passaggi di un’emancipazione conquistata con fatica, impegno e lavoro hanno portato tante a svolgere ruoli di rilievo nella società con competenza e professionalità, tantissime al lavoro dentro la famiglia o nelle imprese con la consapevolezza che c’è ancora tanto da fare perché sempre più donne possano godere dei propri diritti.
Tutto ciò non può essere cancellato da modelli e comportamenti sempre più diffusi da giornali, tv, pubblicità e politica. La rappresentazione che si sta dando delle donne come puro oggetto di scambio sessuale non è quella vera, non quella che vogliamo trasmettere ai nostri giovani se pensiamo al futuro della nostra società con rispetto e come luogo in cui la coesione sociale, la coscienza civile e la crescita siano i principi fondanti.
Tanti anni fa, la scrittrice Virginia Woolf utilizzò la metafora delle tre ghinee per lamentare la povertà della condizione femminile ai suoi tempi, quando le donne non avevano nemmeno pochi spiccioli da spendere per autodeterminare la loro vita, nonostante la coscienza delle loro potenzialità. Quelle tre luccicanti ghinee dell’istruzione, dell’accesso alle professioni, della prevenzione delle guerre, nel nostro Paese come in tanti altri le abbiamo conquistate e da allora le donne sono cresciute, molte di noi hanno scelto di fare politica convinte che il modo migliore per vivere i sogni sia quello di provare a realizzarli, attraverso una politica etica perché pensata nell’interesse della collettività. Non permetteremo quella barbara semplificazione dell’immagine femminile che qualcuno sta tentando di radicare nella società italiana!
Per questo le donne e gli uomini socialisti saranno oggi nelle piazze italiane a difendere non solo la dignità delle donne, la loro storia, ma anche il futuro del Paese.

Reati, non peccati

di Maria Squarcione

E' quello che avrei voluto sentire levarsi forte e chiaro dalla piazza di Roma e delle altre città italiane, oggi. E invece niente. E invece abbiamo ascoltato l'autorevole suora o la nota attrice, ma nessuna che abbia detto con chiarezza: "L'autodeterminazione della donna non è in discussione. L'autodeterminazione non è un elastico che può essere tirato solo quando fa comodo. O c'è o non c'è. E per ogni persona, c'è. E vale per la donna che decide di abortire, come per quella che invece di fare la cameriera preferisce viaggiare su un Cayenne, parcheggiato all'Olgettina. Noi oggi siamo qui perché non siamo d'accordo sui criteri di selezione della classe dirigente di questo Paese, che prevede che solo chi fa parte di certi entourage possa accedere alle cariche pubbliche, alla faccia della preparazione e del merito. Noi siamo qui perchè vogliamo che i partiti diventino luoghi democratici, con regole chiare e trasparenti, in ossequio al dettato costituzionale. Noi siamo qui perché rivendichiamo il nostro diritto ad essere pienamente responsabili di noi stesse e delle nostre scelte, qualsiasi esse siano; perché non intendiamo più essere gregarie di nessuno, tantomeno di quegli uomini che magari oggi sfilano con noi e ci appoggiano, tranquilli del fatto che, una volta finita questa manifestazione, tutto tornerà come prima, perché nessun attentato è stato realizzato al loro potere, nessun tema di fondo è stato aggredito. Noi siamo qui perché rivendichiamo il diritto/dovere di intervenire su tutti gli argomenti che riguardano questo Paese, e non solo su quelli de "il corpo delle donne". 
Certo, quando c'è di mezzo "il corpo delle donne", il discorso si fa delicato. Ma quello riguarda molto più la tratta, la riduzione in schiavitù o certe immagini pubblicitarie e meno, molto meno la logica sottesa ad un cosiddetto stile di vita del "lavoro-guadagno-pago-pretendo", che prevede che un vecchio ricco ultrasettantenne si contorni di giovani donne e giovanissime per riempire il proprio tempo ludico. Di questo ne sono personalmente disgustata, ma non lo giudico moralmente. 
Come non giudico le decine e decine di coppie scambiste o le studentesse e casalinghe che numerose oggi in Italia si prostituiscono per libera scelta. Per farla breve, non sono affatto interessata ai costumi sessuali di nessuno, al di fuori dei miei e di quelli dei miei eventuali partner. E siccome ho introiettato i valori un po' ottocenteschi del decoro, della decenza e della riservatezza, rimango inorridita quando dei propri costumi sessuali se ne fa pubblico uso e quando pubblicamente questi vengano usati. Anzi, mi sembra davvero una violenza inaccettabile. Mi auguro dunque che, qualora veramente esistano foto intime del "premier", queste non vengano mai pubblicate. Mi sentirei a disagio per il suo disagio, esattamente come mi ci sento quando osservo in televisione alcune esibizioni che offendono palesemente il mio senso della dignità della persona. In quelle circostanze cambio canale o osservo per cercare di capire in che mondo vivo. Ma senza giudicare la libera scelta di giovani e belle donne che liberamente usano il proprio corpo e decidono di entrare in un meccanismo che, per definizione, le usa per come appaiono e non per quello che "sono". Di solito, di fronte a tutte queste manifestazioni e a molte altre infinitamente più pornografiche (la faccia di Signorini mentre intervistava Ruby, ad esempio), penso che anche per il mondo dello spettacolo potrebbero esserci regole che rimandano alla capacità artistica, così come per il mondo della politica dovrebbero esserci regole che rimandano alla costituzione. 
Ma quello che mi rende davvero spaesata in questa melassa che mischia tutto senza mettere a fuoco niente è l'inevitabile ricorso ai valori cattolici: in questa Italia secolarizzata, e non da oggi, l'opposizione perde ogni occasione per evitare di scandalizzarsi moralisticamente e di "chiedere permesso" alla Chiesa per alzare la voce, preferendo questo ad una chiara affermazione laica del dovere di perseguire reati e non giudicare i peccati.
IL PSI ADERISCE ALLA MANIFESTAZIONE DELLE DONNE DEL 13 FEBBRAIO

“L’immagine vera della donne non è quella che emerge dalle vicende attorno alle ville di Berlusconi”.
Lo ha dichiarato Rita Cinti Luciani, responsabile femminile del Psi, assieme a Pia Locatelli, presidente dell’Internazionale socialista donne, in un messaggio di adesione alla manifestazione del 13 febbraio in difesa della dignità delle donne.
“C’è un’altra realtà fatta di serietà, lavoro e dedizione con cui le donne italiane hanno contribuito in maniera decisiva all’emancipazione culturale, economica e politica dell’Italia. Questa è l’immagine che vogliamo difendere e che non può essere offuscata dalle feste di Arcore. Per questo anche noi donne socialiste diciamo ‘agiamo! e se non ora quando perché la nostra dignità viene prima di tutto’”.

SE SEI UN DISABILE MENTALE NON MERITI IL TRAPIANTO

di Daniela Mignogna  (Segreteria Nazionale del PSI - Politiche Socio Sanitarie)

Le linee guida della regione Veneto giudicano il ritardo mentale una specie di controindicazione al trapianto, escludendo quindi i pazienti con disabilità intellettiva da questa procedura salvavita. Luca Coletto, assessore regionale alla sanità ha dichiarato che la delibera si rifà alle indicazioni internazionali, le quali pongono i disabili mentali con quoziente intellettivo sotto i 70 come soggetti in cui il trapianto di un organo avrebbe maggiori possibilità di fallimento e ciò andrebbe ad incidere anche sulla scarsità di organi disponibili; pare di capire insomma che sarebbe come sprecare un organo.
Ci sarebbe però anche un'altra questione. Data la condizione fisica del paziente, il soggetto andrebbe anche maggiormente incontro a pericolo di decesso, in quanto occorre avere la sicurezza che la persona una volta superato l’intervento sia in grado di sostenere e mantenere l’aderenza a terapie molto invasive; quindi, queste linee guida sarebbero anche una specie di manovra cautelativa verso chi ha un ritardo mentale.
Sono rimasta molto sorpresa dal fatto che un’istituzione pubblica avallasse di fatto un criterio che a mio avviso non trova un riscontro né giuridico né etico né seriamente clinico e vale a dire quello di escludere a priori i pazienti con ritardo mentale dalla trapiantabilità.
Viene ribadito anche dal Centro Nazionale Trapianti: fino ad oggi a livello nazionale non c’è questa discriminazione anche se il Veneto apre a questa possibilità.
Di fatto a livello nazionale quasi tutti i centri hanno finora sempre valutato il paziente caso per caso, senza  considerare il  Quoziente Intellettivo (QI) come una discriminante, ma sempre valutando il singolo paziente. Questa a me sembra essere la valutazione più corretta da fare.
E’ chiaro che le linee guida pubblicate dal Veneto hanno recepito verosimilmente delle linee guida cliniche, mediche, psicologiche e quindi elaborate da esperti. Il problema è ancor prima che politico - vorrei dire - un problema medico. Chiaramente per quanto riguarda il caso del Veneto, ora ci si aspetta un correttivo e ce lo auguriamo tutti.
Ci sono alcuni articoli ed anche alcuni bioeticisti che sostengono che sia inutile trapiantare queste persone, perché poi in termini di qualità di vita non si gioveranno del trapianto. Ma ripeto ancora: chi la valuta la loro qualità di vita?Viene messa in discussione addirittura la dignità umana. - Siamo al solito problema del concetto chi è persona e chi no. In fondo questo è alla base di molte controversie proprio in bioetica.Se si vuole essere brutali è come se si stesse affermando: “non sprechiamo pezzi di ricambio per persone per cui non ne vale la pena”: torniamo ai figli di un Dio minore?

Saluto ai compagni siciliani per il convegno su "La scuola, risorsa democratica del Paese"

Maria Squarcione - Responsabile nazionale scuola Partito Socialista Italiano

Care compagne e cari compagni,
mi giunge particolarmente gradito questo vostro invito ad una manifestazione così ampia, che vede coinvolte istituzioni e interi settori politici e scolastici della Regione Sicilia.
Questo convegno ha il grande pregio di riportare l’attenzione sul problema caratterizzante questo periodo storico: la funzione di promozione democratica svolto dall’istruzione pubblica. Ci interroghiamo cioè come e in che misura la scuola italiana ha interpretato e interpreta il dettato costituzionale del diritto allo studio. E la coincidenza di questa riflessione con l’anniversario dell’unità della nazione , la carica di valori aggiuntivi che riguardano la necessità di ripristinare un dialogo forte con i giovani, una comunicazione interrotta tra le generazioni, anche attraverso la riflessione sull’attualità del messaggio risorgimentale.
Nessun partito, più e meglio del nostro, può assolvere a questo compito. Solo un partito autenticamente laico può rivendicare l’equità e l’imparzialità di istituzioni che – la scuola pubblica più di tutte – hanno il compito di accogliere, valorizzare e armonizzare le differenze, senza marginalizzarle e criminalizzarle; solo un partito autenticamente progressista può interrogarsi sul costante rinnovamento di una istituzione come la scuola che, per sua mission, deve intercettare i mutamenti strutturali della società e trasformarli in elementi positivi di crescita comune; solo un partito orientato al futuro, ma con radici molto solide e ben piantate nel passato può intervenire sul presente per rivendicare la centralità di un’istituzione deputata oggi alla formazione critica di generazioni che domani saranno chiamate a costituire una cittadinanza attiva e consapevole, in grado di affrontare una società sempre più complessa.
Vi auguro dunque buon lavoro, impegnandomi a mantenere vivo, finchè avrò l’onore di ricoprire questo incarico, un dialogo aperto e costruttivo con tutte le componenti del partito che vorranno confrontarsi su questo tema, attraverso periodiche iniziative pubbliche, nell’auspicio di costruire un percorso utile ed efficace per questo partito e per l’intera nazione. Il mio auspicio sincero è quello di farlo insieme a voi.

"La scuola, risorsa democratica del Paese", venerdì 18 febbraio 2011, ore 16,30 presso la sala convegni dell'Hotel Ventura a Caltanissetta

I CITTADINI NON SONO UGUALI QUANDO PAGANO UN SERVIZIO SOCIALE

di Daniela Mignogna 
(Segreteria Nazionale del PSI - Politiche Socio Sanitarie)
 
Pagare la retta di una casa di riposo o di un asilo nido a Bologna non è la stessa cosa che farlo a Milano, a Venezia, a Firenze, a Napoli. E questo vale per tutti i servizi previsti dall'assistenza sociale, da quelli per le persone disabili a quelli per gli anziani o per i minori. Gli oltre 8.000 Comuni italiani, infatti, fanno pagare ai cittadini percentuali diverse e spesso inique pur offrendo lo stesso identico servizio. Questo accade perché non esiste in Italia uno standard in materia e le amministrazioni comunali hanno la possibilità di stabilire da sé il concorso alla spesa dei cittadini. Non essendo previsto, insomma, un ticket come quello sanitario, accade che da un Comune all'altro ci siano variazioni per il contributo individuale ma anche per le prestazioni dal 10% fino anche al 40%. Si tratta di un problema che, nonostante le indagini dell'Istat, tende a essere poco conosciuto e discusso.
Le fonti di finanziamento delle risposte di assistenza sociale sono molteplici: lo Stato, con il Fondo sociale nazionale e la spesa per trasferimenti monetari di varia natura, le Regioni con il Fondo sociale regionale e altri centri di spesa, i Comuni e i cittadini. Questi ultimi concorrono al costo dei servizi anche per il 30%-40% della spesa complessiva. Essendo il singolo Comune a scegliere la quota di partecipazione, il risultato è di grande disomogeneità, mancanza di equità, differenze non giustificabili. Mentre per i servizi di interesse generale, come energia, acqua o rifiuti il costo di accesso e fruizione è oggetto di monitoraggio istituzionale, lo stesso non avviene per i servizi alle persone. La prospettiva federalista evidenzierà ancora di più queste differenze.
Se è quasi impossibile al momento pensare di ridurre del tutto le disuguaglianze, l'obiettivo che bisogna perseguire è di riuscire a ottenere almeno un'equità orizzontale, permettendo cioè di far pagare la stessa cifra alle persone nelle stesse condizioni di reddito. E per fare questo bisogna promuovere un uso più diffuso degli indicatori economici quali l'ISEE, che però dovrebbero essere rivisti e ampliati. Un problema con questi indicatori è che si riferiscono all'anno precedente rispetto a quello della rilevazione e quindi rischiano di non rendere conto efficacemente della situazione attuale dei cittadini, soprattutto in questi tempi di crisi in cui molto può cambiare per una persona da un mese all'altro. Inoltre l'ISEE coglie solo alcune dimensioni della capacità contributiva e rischia di non essere sufficiente. 
Per limitare il peso economico che la contribuzione all'assistenza ha sulle famiglie, un'ipotesi innovativa potrebbe essere quella di tenere conto oltre che del reddito, anche della partecipazione attiva della famiglia in termini di assistenza diretta. Sarebbe importante iniziare a valutare non solo gli aspetti prettamente economici, ma anche considerare il tipo di aiuto e sostegno su cui il singolo può contare. In altre parole, se il nucleo familiare partecipa attivamente all'assistenza, apportando di fatto un beneficio al servizio, si potrebbe pensare di attenuare la contribuzione come una sorta di indennizzo.

6 febbraio Giornata Mondiale contro la Mutilazione degli Organi Genitali Femminili

RITA MORICONI: NECESSARIO RAFFORZARE LA PREVENZIONE


Il prossimo 6 febbraio si celebra la Giornata Mondiale  contro la Mutilazione degli Organi Genitali Femminili.

Questa orribile pratica che interessa 130 milioni di donne e 2 milioni di bambine nel mondo, ma che non risparmia, a causa dei flussi migratori, i paesi dell’Europa, compresa L’Italia, dove sono più di 1000 le donne/bambine che hanno subito la pratica e migliaia quelle che potenzialmente potrebbero esserne vittima.
Rita Moriconi, Consigliere Regionale del Psi, ha presentato un'interrogazione nella quale chiede alla Giunta Regionale "di affrontare questo delicato e drammatico tema attraverso - si legge nel testo -  tutti gli strumenti di cui la Regione dispone e attività specifiche come: l’ aggiornamento dei dati sull’incidenza del fenomeno, azioni di rilevazione dello stesso, verifica della competenza e formazione del personale operante nei consultori, predisposizione di strutture di supporto e di accoglienza per le donne che hanno subito o che potenzialmente possano subire mutilazioni genitali femminili, strategie attuative per  il contrasto, la prevenzione e l’informazione circa la pratica.
“La libertà di scelta, il sostegno e la solidarietà verso culture differenti sono valori che abbiamo il dovere di garantire” ha dichiarato Moriconi “come Istituzioni e, semplicemente, come cittadini del mondo”.

IL PSI ADERISCE ALLA MANIFESTAZIONE DELLE DONNE DEL 13 FEBBRAIO

“L’immagine vera della donne non è quella che emerge dalle vicende attorno alle ville di Berlusconi”.
Lo ha dichiarato Rita Cinti Luciani, responsabile femminile del Psi, assieme a Pia Locatelli, presidente dell’Internazionale socialista donne, in un messaggio di adesione alla manifestazione del 13 febbraio in difesa della dignità delle donne.
“C’è un’altra realtà fatta di serietà, lavoro e dedizione con cui le donne italiane hanno contribuito in maniera decisiva all’emancipazione culturale, economica e politica dell’Italia. Questa è l’immagine che vogliamo difendere e che non può essere offuscata dalle feste di Arcore. Per questo anche noi donne socialiste diciamo ‘agiamo! e se non ora quando perché la nostra dignità viene prima di tutto’”.
Anche il Forum donne socialiste aderisce alla giornata di mobilitazione
"Questa manifestazione, è legittima e non più rimandabile, perché deve porre fine allo stillicidio continuo cui ci sottopone, una delle cariche più importanti del nostro paese -  ha affermato Paola Schiavulli  - Servono voci di donne che si levino a critica, a denuncia, contro una cultura diffusa che propone  alle giovani generazioni  un’immagine mercificata, offensiva denigrante, che limita la politica al corpo delle donne. C’è un’altra Italia, un’ Italia migliore che pensa alle donne non come “oggetti” ma come “soggetti”. In piazza dunque, riprendiamoci la nostra dignità.

Assemblea Socialisti Nord Italia 29 Gennaio 2011 Milano Teatro Parenti

di Rita Cinti Luciani - responsabile nazionale pari opportunità PSI

Care Compagne e compagni è importante trovarci qui a Milano a pochi mesi dalle elezioni amministrative per lanciare il nostro messaggio politico al Paese.
Milano, per tradizione la città riformista, illuminista, capitale della cultura e dell’innovazione, della moda e del lavoro….. oggi capitale della lega !
Siamo qui per far sentire la nostra voce in un momento che non esito, a definire drammatico per il Paese, siamo a far sentire le nostre proposte in un Paese dove chi non è presente in Parlamento non può esprimere opinioni perché oscurato, non ha alcun diritto di cittadinanza.
Un Paese malato, che ha smarrito i ricordi di un percorso di conquiste, anche se in questi giorni in tante città abbiamo celebrato il “Giorno della Memoria” e onorato quanti, sopravvissuti e non,hanno combattuto l’orrore di quegli anni, una delle pagine più tragiche della storia dell’uomo! A volte penso che non sempre siamo degni di tanto sacrificio, di tanti ideali, sovente diamo il senso di una società malata che dà per scontati valori che scontati non sono: Pace, Democrazia, Libertà, Conoscenza.
Oggi guardando a quanto sta accadendo al nostro Paese, provo un’immensa tristezza, per i modelli proposti,tristezza e indignazione anche per il modello di donna proposto da Berlusconi e Company, offensivo della storia delle donne e del contributo che hanno dato spesso tacitamente, alla Storia dell’Italia. Nei centocinquanta anni dell’Unità le donne hanno infatti compiuto passaggi significativi dell’emancipazione politica, economica e sociale. Un risultato importante, frutto di una gran mobilitazione, di movimenti nel mondo culturale e nei partiti. Non possiamo permettere che tutto questo sia spazzato via stando in silenzio. Le donne sono altro rispetto a quanto pensato da Silvio Berlusconi!
Stiamo vivendo una crisi economica, politica e sociale senza precedenti e il nostro Governo con il Presidente del Consiglio in testa, sono quotidianamente impegnati in uno scontro interno ed esterno che non tiene conto dei problemi, ossessionati da chiunque la pensi diversamente, tanto ossessionati da utilizzare il vecchio schema :”sono tutti comunisti”, dimenticando che Berlusconi annovera tra i suoi amici più cari il Compagno Putin!
 Berlusconi nel  primo anno di crisi si è limitato a negarla, mentre la Lega che governa il Paese quasi ininterrottamente da quindici anni, con il suo FEDERALISMO FISCALE FINTO, ha creato un CENRALISMO mai visto prima.
L’Italia oggi sembra aver smarrito completamente la propria idea di sviluppo: cresce il divario tra nord e sud, aumentano i feudi della Lega i cui rappresentanti, quando non si esprimono con volgarità, rifiutano l’inno nazionale nei consigli comunali, tendono a frantumare quell’identità, quel senso d’appartenenza e quel concetto di Stato che tanto faticosamente è stato costruito dai nostri padri con un unico obiettivo:minare l’unitarietà dello Stato approfittando  della crisi politica dei partiti tradizionali e aumentare il proprio potere.
In questo desolante quadro, io penso che i socialisti possano svolgere un ruolo importante mettendo in campo proposte politiche concrete.
Serve un centro-sinistra credibile, una forza riformista che proponga agli italiani un progetto di rilancio dell’economia, di riassetto istituzionale, di riforma del lavoro, investimento in cultura, ricerca e innovazione, portando il Paese fuori dal pantano in cui si trova oggi. Un progetto che fuori dalle spinte giustizialiste ridia fiducia ai tanti elettori che non si riconoscono più in un sistema che sta dando il peggio di sé. Insomma occorre ridare alla politica quell’alto valore che merita, fatto di serietà, rigore e merito.
Questo è il modello che proponiamo ai giovani che sempre più spesso hanno scarse aspettative per il futuro  e sono bombardati da messaggi privi di valore che tendono ad omologarli al ribasso con una sorta di elogio ai furbetti, privi di cultura ma con tanto denaro a disposizione.
Quello cui assistiamo oggi è una forma di decentramento del debito pubblico e taglio lineare e indiscriminato delle risorse agli enti locali senza verificare i centri di spreco; un Governo che continua a scaricare sui comuni il peso delle proprie contraddizioni e il costo di una politica inefficiente e incapace di portare il Paese fuori dalla crisi economica e sociale. Con l’alibi della crisi e dei vincoli europei sta colpendo i livelli di welfare, l’erogazione dei servizi indispensabili( taglio dei fondi sociale – 78% tra 2008 e 2011) danneggiando le fasce dei più deboli, le famiglie.
Noi pensiamo invece che sia necessario cominciare anche a dare un esempio da parte dei rappresentanti del Governo e della politica nella riduzione dei costi e dei privilegi eccessivi, pensiamo sia tempo di rilanciare un nuovo patto tra imprenditori, lavoratori, sindacati secondo una prospettiva moderna ma rispettosa dei diritti. Così come sul fronte istituzionale occorre ripensare con coraggio a nuovi assetti che consentano di contenere le spese e mettere in rete i servizi degli enti locali.
Il 24 marzo i Governi Europei s’incontrano per affrontare il tema dell’euro e il destino di quei Paesi che come il nostro, a differenza della Germania, spendono più di quanto producono. La tentazione di molti investitori è quella di dirottare le risorse verso altri Paesi emergenti, per l’Italia sarebbe un disastro! E il Nostro Presidente del Consiglio cosa propone? Silenzio. La verità è che il centro-destra ha completamente fallito, ingannando gli italiani che meritano di meglio. Ora spetta alle forze politiche dell’opposizione mettere in campo un’alternativa vera e credibile: noi socialiste e socialisti pensiamo di poter dare il nostro contributo.