CONFERENZA NAZIONALE DEGLI AMMINISTRATORI SOCIALISTI

La Conferenza Nazionale , è una buona occasione per le  amministratrici e gli amministratori socialisti per fare il punto rispetto alla necessità di crescita del Paese e all'uregnte ripresa del sistema imprenditoriale capace di dare risposte concrete a lavoratrici e lavoratori oggi in cassaintegrazione o senza più lavoro. Il monitoraggio dei nuovi bisogni delle famiglie è imprescindibile in questa fase di crisi dove i cittadini hanno bisogno d'essere aiutati attraverso quegli enti locali che in questi anni hanno continuato a garantire interventi concreti e controllabili ma che grazie alla scure dei continui tagli saranno in grado di garantire solo i servizi minimi.
La conferenza di Rimini del prossimo fine settimana, vuole essere il nostro modo di lanciare idee e proposte, come è nella tradizione socialista e riformista, rispetto al tema del federalismo e di come si possa affrontare la crisi senza raccontare bugie, come fa questo governo. Soluzioni e proposte che potranno arrivare attraverso un progetto politico, socialista e serio che porti il Paese alla ripresa economica e lo ricollochi a livello europeo. 
Negli anni 90 a Rimini si era tenuta una conferenza programmatica con proposte ancora di grande attualità, il 4 e 5 dicembre gli amministratori socialisti vogliono lanciare il loro messaggio agli italiani fatto di Idee, Serietà, Impegno e Rigore.

 Rita Cinti Luciani

Sabato 4 dicembre
Ore 10.30: Saluto delle autorità locali e degli esponenti delle associazioni delle autonomie locali.
Relazione di Gerardo Labellarte
Responsabile nazionale EE.LL. del Psi
Ore 11.30: I Sindaci tra crescita dei bisogni e riduzione delle risorse
Introducono:
Angelo Zubbani, Sindaco di Carrara
Rita Cinti Luciani, Sindaco di Codigoro

Ore 15.00 Il federalismo: da grande opportunità a grande imbroglio?

Introducono:
Giovanni Crema, Presidenza Lega delle Autonomie
Enzo Maraio, Assessore  Comune di  Salerno

Ore 17.00 Ambiente, cultura, servizi: nuove idee, nuovi volti

Introducono:  
Silvano Rometti, Assessore  Ambiente Regione Umbria
Rita Moriconi, Consigliere Regionale  Emilia Romagna 

Ore 18.45 Province si, province no?
Introduce:
Oreste Pastorelli, Vicepresidente Prov. Rieti

Conclude le sessioni di lavoro:
Marco Di Lello, Coordinatore della segreteria nazionale del Psi
Ore 19.00 Insediamento Consulta degli amministratori
Elezione Presidente e ufficio Presidenza.
Conclusione dei lavori della giornata:
Presidente Consulta

Nel corso della giornata interverranno:
Monica Ricci  Assessore Comune di Sant' Arcangelo di Romagna (Rn)
Daniela Mignogna Consigliere Comunale di Pianoro (Bo)
Loretta Villa  Assessore Comune di Riccione (Rn)
Roberto Perrotta Sindaco di Paola (Cs)
Ivan Puddu Consigliere Provinciale Ogliastra
Domenico D’Alessio Sindaco di Aprilia (Lt)
Domenico Tanzarella Sindaco di Ostuni (Br)
Giorgio Bonfanti Assessore Comune di Sorisole (Bg)
Luciano Bacchetta Sindaco di Città di Castello (Pg)
Carmelo Di Quattro Assessore Comunale  Vittoria (Rg)
Marco Fanfani Assessore Comune L’Aquila
Antonio Annale Sindaco di Lavello (Pz)
Luciano Piluso Sindaco di Schiavi d'Abruzzo (Ch)
Salvatore Miroddi Consigliere Provinciale Enna
Antonio Gitto Assessore Provinciale Ancona
Luciano Romanzi Consigliere Regionale Lazio
Fortunato Parisi Presidente Consiglio Comunale di Caltagirone (Ct)
Gennaro Mucciolo Consigliere Regionale Campania
Orlando Orsini Vicesindaco di Introdacqua (Aq)
Nilo Arcudi Vice Sindaco di Perugia
Elisabetta Cianfanelli Assessore comunale Firenze
Maurizio Viaggi Consigliere Comunale La Spezia
Luciano Marinucci Consigliere Comunale Sulmona (Aq)
Moreno PieroniConsigliere reg. Marche
Piero Lo NigroConsigliere com. Gela (Cl)
Angela Siragusa Consigliera com Pantelleria (Tp)


Domenica 5 dicembre
Ore 9.30 Riunione politico-organizzativa con i segretari regionali e delle federazioni del Psi
Ore 10.30 Apertura lavori
 Ore  11.00  Tavola rotonda con la partecipazione di
Riccardo Nencini, segretario nazionale del Psi.
Sono stati invitati i principali dirigenti  dei partiti di opposizione, hanno al momento confermato la loro presenza Angelo Bonelli e Marco Staderini.

Pia Locatelli - Dalle parole ai fatti concreti

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Unicef, ogni anno milioni di bambine sono sottoposte alle mutilazioni genitali femminili che compromettono la loro salute, non rispettano i loro diritti umani, violano l’integrità del loro corpo. Si stima che nel mondo più di 130 milioni abbiano subito questa pratica, con la giustificazione della tradizione e delle identità culturali.
Nulla di più falso, nulla di più sbagliato: le religioni, compresa quella islamica, sono totalmente estranee a questa pratica che è pre-islamica, pur essendo diffusa tra Paesi di quella religione. Ora si sta diffondendo in Europa attraverso le migrazioni e quindi è anche problema di casa nostra.
Uno studio condotto dall’OMS nel 2006 sugli effetti delle mutilazioni genitali femminili su partorienti e neonati durante il parto evidenzia che le donne mutilate hanno parti più difficili e che il tasso di mortalità neonatale è più alto; non solo: il grado di complicazioni aumenta quanto più severe sono le mutilazioni.
Le mutilazioni genitali femminili sono una chiara violazione dei diritti umani delle donne e delle bambine ed una forma crudele di discriminazione, condannata da molte Convenzioni e Strumenti legali. Vanno combattute con determinazione e senza incertezze: il rispetto della cultura e della tradizione non può essere invocato quando i diritti umani, per definizione universali, indivisibili, interdipendenti, sono violati. Le mutilazioni genitali femminili sono una delle più crudeli forme di violenza alle bambine, una violenza che le segnerà per la vita nel corpo e nell’anima.
Per questo l’Internazionale Socialista Donne ha deciso di celebrare il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, con un’azione di solidarietà concreta, finanziando un progetto per contribuire alla eliminazione delle mutilazioni genitali femminili in una regione del Kenia, la Valle del Rift, tra la popolazione Pokot. Il progetto prevede una duplice azione: sensibilizzazione culturale (non solo far capire che le mutilazioni genitali femminili sono inutili, ma soprattutto spiegare le conseguenze e i danni che  provocano) e un’attività di formazione professionale delle “mammane-mutilatrici”, cioè le donne che vivono di mutilazioni, dato che questo è il loro lavoro, per offrire loro un’alternativa con un lavoro vero.
Il progetto è finanziato dal Fondo Gabriel Proft, amministrato dall’Internazionale Socialista Donne, ed è svolto in collaborazione con la Setat Women’s Organisation del Kenia, che fa parte del Comitato Inter-Africano contro le Pratiche Tradizionali.
Il Fondo fu istituito  nel 1969 e riceve contributi e donazioni dalle organizzazioni che fanno parte dell’Internazionale Socialista Donne e da singole persone. Il suo obiettivo è quello di finanziare progetti per le donne nei Paesi in via di sviluppo, ricordando e onorando così l’impegno costante di Gabriel Proft in questo ambito. Gabriel Proft era una socialista austriaca vissuta tra l’Ottocento e il Novecento, segretaria dell’organizzazione delle donne del partito membro dell’Internazionale, parlamentare per molti anni, tra le più attive nella riorganizzazione dell’Internazionale Socialista Donne dopo la seconda guerra mondiale. Grazie a lei e al fondo a lei dedicato sono stati realizzati progetti in diversi Paesi soprattutto africani.
Il fondo è aperto a contributi di tutti e tutte. Un contributo al fondo è un modo concreto per celebrare il 25 novembre 2010.

Avanti della domenica n°39 

25 novembre, No alla violenza contro le donne.


Con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999, le Nazioni Unite hanno dedicato il 25 novembre alla celebrazione della giornata internazionale per eliminare la violenza contro le donne, invitando governi, organizzazioni internazionali e ONG a organizzare eventi per sollecitare l’attenzione pubblica sul tema. 
La scelta della giornata del 25 novembre da parte delle organizzazioni femministe risale al 1981 e la data venne scelta per ricordare le tre sorelle Mirabal, colpevoli di opporsi alla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo giunto al potere nel 1930 con elezioni truccate, trucidate dalle forze speciali della Repubblica Dominicana nel 1960.
I diritti delle donne sono diritti umani a tutti gli effetti e qualunque violazione di questi diritti è pertanto una violazione dei diritti umani. Scopo della campagna è quindi l’eliminazione di tutte le forme di violenza sulle donne attraverso:
  • il riconoscimento a livello internazionale, regionale e locale della violenza di genere come violazione dei diritti umani;
  • il rafforzamento delle attività a livello locale ed internazionale contro questo tipo di violenza;
  • la creazione di spazi internazionali di discussione per l’adozione di strategie condivise ed efficaci in materia;
  • dimostrazioni di solidarietà con le vittime di queste violenze in tutto il mondo;
  • il ricorso a governi affinché adottino provvedimenti concreti per l’eliminazione di questo tipo di violenze 
Pia Locatelli - Mariposas, non vi dimenticheremo
Presidente Internazionale Socialista Donne
 
Il 25 novembre, “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, è celebrazione recente, diversamente dal primo maggio, giornata del lavoro, o dall’otto marzo, giornata internazionale delle donne, entrambe di origine socialista e celebrate da ormai cento anni.
Questa giornata nasce a Bogotà durante un incontro femminista dell’America Latina e dei Caraibi,  per iniziativa della delegazione della Repubblica Dominicana che propose di arricchire il calendario internazionale con il ricordo delle sorelle Mirabal.
Le Mirabal erano quattro: Minerva, la pasionaria avvocata degli oppressi, Patria, la devota, Maria Teresa, entrata in politica per amore, Dedé, l’unica sopravvissuta perché non coinvolta nell’impegno politico. E’ grazie al racconto di quest’ultima che conosciamo la storia delle sue tre sorelle, chiamate con il nome di battaglia di mariposas, farfalle, per la loro bellezza e apparente fragilità. Le Mariposas furono perseguitate dal dittatore Trujillo per la loro attività politica: furono incarcerate, la loro casa, centro di attività politica contro la dittatura, fu distrutta, i loro beni espropriati. Ma non bastò, il 25 novembre 1960, mentre si recavano in carcere a visitare i mariti, la loro auto fu intercettata dal Servizio d’Intelligenza Militare e furono orrendamente massacrate: prima bastonate, accoltellate, torturate e infine strangolate dando a questa tragedia la connotazione del femminicidio. La loro jeep fu fatta trovare in un burrone, nel tentativo di mascherare il massacro con un incidente, ma l’orrore per l’accaduto si diffuse nel Paese con intensità e rapidità, l’odio per il dittatore Trujillo esplose e fomentò la rivolta contro la dittatura, che durava da oltre trent’anni, che crollò pochi mesi dopo.
A distanza di vent’anni fu avanzata la proposta delle femministe dominicane e furono necessari altri vent’anni perché l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite accogliesse la richiesta proclamando il 25 Novembre “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” e invitando i governi, le istituzioni internazionali e le organizzazioni non governative a promuovere in quel giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica.
Da allora, soprattutto ad opera delle organizzazioni femminili e femministe e dei centri antiviolenza, la giornata è entrata nel calendario internazionale ed è ora patrimonio comune, come lo sono il primo maggio o la giornata internazionale delle donne.
Il tema della violenza alle donne è sempre stato all’attenzione dell’Internazionale Socialista Donne fin dalla sua fondazione, perché è purtroppo una presenza costante nella vita di un numero incredibile di donne: violenza dentro la famiglia, la più nascosta e la più insidiosa; violenza scoperta e raccapricciante, come quella che ha portato alla morte la pakistano-bresciana Hina o Aqsa Parvez, la sedicenne canadese di cultura islamica, entrambe uccise dal padre in nome dell’onore della famiglia; violenza sempre più sofisticata e organizzata come quella legata al traffico internazionale della prostituzione, che fa diventare schiave le donne che vi sono coinvolte con la speranza di un lavoro o di un guadagno facile; violenza innominabile come quella perpetrata contro le bambine e i bambini; violenza in India o in Cina contro le bambine mai nate a causa di politiche demografiche che fanno preferire di non far nascere un nascituro se di sesso femminile; violenza praticata nel nome della cultura e delle tradizioni, come le mutilazioni genitali, di origine pre-islamica e che nulla hanno a che vedere con la religione...
Soprattutto violenza nella vita quotidiana di tante donne e bambine che apparentemente vivono una vita normale, vicine a noi, come se nulla fosse, e invece dietro il loro silenzio si nascondono drammi inimmaginabili.
Sono tante, troppe le donne che ne sono vittime, e se siamo così fortunate da non averla sperimentata, pensiamo che certamente in un qualsiasi incontro che veda riunite un gruppo anche piccolo di donne, c’è qualcuna che la violenza l’ha subita ma ha difficoltà a parlarne, come se si dovesse vergognare di essere una vittima.
Il 25 Novembre ci chiama a fare i conti con la voglia di non vedere, di girare il capo dall’altra parte, che in fondo è una sorta di omertà, e ci assegna il compito di far uscire dal silenzio la tragedia della violenza alle donne e alle bambine.

Rita Cinti Luciani - Un problema tutto da vincere un’emergenza su scala globale
responsabile nazionale Pari Opportunità PSI
Questa è una giornata simbolo per un problema tutto da vincere, “un fenomeno che rappresenta una vera emergenza su scala mondiale” , come l’ha definito anche il Presidente Napolitano.
Molti degli uomini che maltrattano le donne hanno avuto “una mamma cattiva”, “una mamma inadeguata che non sapeva cucinare”, “che  non sapeva parlare e che sbagliava anche quando taceva, una mamma che il papà puniva”. Le donne maltrattate in famiglia quasi sempre tacciono per paura e vergogna e la violenza subita diventa parte di un destino che difficilmente si apre a vie di fuga.
La predestinazione in realtà appartiene più alla violenza praticata piuttosto che non a quella subita.  Violenti si può diventare perchè non si è stati educati al rispetto dell’altro, violenti si può diventare quando da bambini si è assistito alla violenza fatta da un adulto di riferimento sulla propria madre, violenti si può diventare perchè si è cresciuti immersi in una cultura che non attribuisce valore alle donne e alle loro vite.
La violenza contro le donne è un fenomeno in espansione, negli ultimi anni sono aumentati in maniera allarmante i femminicidi, in gran parte riferibili alla violenza domestica.
Nel 2009 l’Istat ha calcolato che in Italia oltre 10 milioni di donne tra i 16 e i 65 anni nel corso della loro vita hanno subito una qualche forma di violenza fisica, sessuale o psicologica con comportamenti persecutori (stalking). Ricerche più recenti depongono per un continuo aggravarsi del fenomeno. Accanto alle donne che da sempre tacciono per paura e vergogna e perché “col tempo è arrivata una sorta di rassegnazione”, ci sono le nuove schiave, quelle della tratta, per lo più Nigeriane ma anche rumene ed ucraine il cui progetto migratorio di una vita migliore si è frantumato sui marciapidi delle periferie delle nostre città, donne che tacciono perché temono per la propria vita e per quella dei propri famigliari.
Poi ci sono le donne che provengono da Paesi di predominante cultura maschilista, quelle per le quali la parità tra i sessi non sta sotto questo cielo, quelle per le quali la subordinazione della femmina al maschio è natura e credo. Mutilazioni, stupri generalizzati, lapidazioni, non avvengono molto lontano da noi e non possiamo restare indifferenti.
Poi ci sono i pericoli della rete, gli adescamenti di minorenni attraverso i social network, le reputazioni rovinate via telefonino quasi per scherzo, così, tanto per farsi grandi con gli amici. Spesso ci si interroga sul perché di tanta violenza e viene fuori di tutto: la crescente frustazione dei maschi, le culture in conflitto, la riduzione pubblicitaria del corpo femminile a merce, la violenza dilagante sulla rete, l’incapacità di comunicare, l’incapacità di perdere, la mancanza di modelli positivi, i genitori disattenti…
Espressioni tutte, ritengo, di una mancata educazione dei sentimenti.
Ci si dovrebbe occupare dell’educazione sentimentale dei bambini e delle bambine in famiglia e soprattutto a scuola, a partire dalla scuola materna fino alla scuola secondaria.
Un Ministro della Pubblica Istruzione che portasse all’introduzione dell’educazione dei sentimenti nei nostri ordinamenti opererebbe senza dubbio una lungimirante operazione di riforma della scuola italiana e farebbe opera altamente meritoria per la società presente e futura. Ma il nostro Governo e la nostra Ministra sono troppo concentrati nel tagliare i fondi alla scuola pubblica. In attesa che adulti meglio educati nei sentimenti e nel rispetto della persona crescano non resta che lavorare per prevenire e per riparare precocemente i danni prodotti ai bambini, alle bambine e alle donne dai maltrattamenti subiti.
Nel nostro Paese, in molti casi e in molte realtà si sono realizzate ottime pratiche che dovrebbero essere portate a sistema nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale.
Stato e Regioni dovrebbero predisporre linee di finanziamento destinate a programmi di messa in tutela e reinserimento sociale delle donne maltrattate, a promuovere la crescita della rete delle case delle donne, a sostenere economicamente i Comuni e le associazioni di volontariato che se ne occupano.Solo con interventi sistematici e reti di protezione si possono ottenere risultati positivi e indurre un maggior numero di donne a reagire e denunciare le violenze subite.
Il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, da giornata di denuncia della violenza potrebbe trasformarsi in giornata di promozione del benessere delle donne, bisogna volerlo fare, occuparsene e preoccuparsene tutti i giorni. 

Claudia Bastianelli - E le vittime sono sempre più giovani
Resp. Pari Opportunità FGS

La questione della violenza sulle donne è un tema purtroppo sempre attuale ed assolutamente trasversale, dove l’età, l’aspetto esteriore o la classe sociale non costituiscono alcuna discriminante. Si tratta di una vera questione internazionale, in quanto in ogni Paese del pianeta, indipendentemente dallo sviluppo culturale e dalla forma di governo, ci sono donne che subiscono violenze fisiche, psicologiche e sessuali. Troppe donne, soprattutto nei Paesi Islamici, rimangono vittime di lapidazione condannate da sentenze arbitrarie e per reati, quali ad esempio l’adulterio, che nella gran parte del mondo occidentale rientrano nella sfera delle libertà di autodeterminazione. Le pratiche violente che vengono inflitte sulle donne come la pena di morte tramite lapidazione oppure l’infibulazione o l’imposizione di indossare il burqua, non sono rappresentative di una particolare forma religiosa, ma costituiscono una forma di oppressione patriarcale che ha come unico scopo quello di annullarne il corpo e l’anima e di far si che, nascoste dietro un velo quadrettato, non osino mai ribellarsi, ma continuino a vivere nel ghetto che qualcun altro ha costruito per loro.
Non dobbiamo però pensare che tutto ciò sia lontano da noi, che sia soltanto un modo di approcciarsi all’universo femminile tipico di Paesi “democraticamente arretrati”. In Italia i maltrattamenti all’interno delle mura domestiche rappresentano la prima causa di morte per le donne tra i 16 ed i 60 anni; quasi il 70% degli stupri viene attuato dal partner o da uomini appartenenti alla famiglia della vittima. Preoccupante è il fenomeno che stima l’abbassarsi sempre di più dell’età media delle vittime; ma ancor più agghiacciante è il fatto che più del 90% delle violenze non viene mai denunciata a causa della paura e dei ricatti, che spesso si ripercuotono anche nei figli (nel caso delle violenze domestiche), che subiscono le donne. Il silenzio spesso deriva anche dalla mancata autosufficienza economica, che costringe le donne a restare legate ai propri aguzzini. Il primo impegno delle Istituzione dovrebbe essere, dunque, proprio quello di mettere le donne che subiscono violenza, nella condizione di non avere paura a denunciare, e dunque di fornire loro sostegno psicologico, protezione post denuncia, e vie privilegiate di accesso al mondo del lavoro. Il bisogno che alcuni uomini hanno di dominare il sesso opposto con comportamenti violenti è forse spiegabile da luminari in psicologia, ma ciò che non si può comunque accettare e giustificare in alcun caso. Un elemento però non va sottovalutato: le lacune culturali che ancora resistono nel nostro Paese e che fino a qualche anno fa prevedevano pene attenuate in caso di colpevoli di “delitto d’onore” rappresentano il male più difficile da sradicare. E’ proprio per questo che la scuola e l’educazione in famiglia costituiscono una via possibile per fare in modo che le nuove generazioni imparino cosa sia il rispetto per i propri simili, che si tratti di donne, portatori di handicap, immigrati o altro, senza alcuna forma discriminatoria. E’ compito anche del nostro Partito, quale forza riformista basata sui valori delle pari opportunità e della difesa dei diritti umani intesi nel senso più ampio del termine, mantenere alta l’attenzione su questi temi, anche in conformità a quanto previsto dal capitolo quarto del Manifesto del PSE People First, a quanto disciplinato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e soprattutto dalla Carta Costituzionale Italiana.
 
NUMERO SPECIALE DELL'AVANTI! DELLA DOMENICA


Perché il 25 novembre non duri solo un giorno 

Quarantacinque anni fa Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, eroine della lotta di liberazione della Repubblica Dominicana dal dittatore Trujillo, furono fermate da agenti segreti del servizio militare mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione e, dopo avere subito numerose torture, furono chiuse nell’abitacolo della macchina nella quale viaggiavano e spinte in un precipizio al fine di simulare una morte accidentale.
Oggi sono il simbolo internazionale della battaglia contro la violenza alle donne e che l’Onu ha reso indelebile il loro ricordo nel 1998, proclamando il 25 novembre, anniversario della loro morte, la giornata internazionale contro la violenza alle donne.
La violenza contro le donne, sia  giovani che adulte, è una delle violazioni di diritti umani più diffuse e che questa può riguardare l’abuso fisico, sessuale, psicologico ed economico e va oltre i limiti di età, razza, cultura, benessere e posizione geografica.
La violenza contro le donne si verifica a casa, sulla strada, nelle scuole, sul luogo di lavoro, nei campi, nei campi profughi, durante scontri e crisi e che si manifesta in diversi modi, dalle forme più comuni di violenza domestica e sessuale, le convenzioni sociali dannose, l’abuso durante la gravidanza, fino ai cosiddetti delitti d’onore ed altri reati gravi legati solo al fatto di essere donne.

In tutto il mondo più di sei donne su dieci hanno subito nel corso della propria vita violenze fisiche e/o sessuali.
Uno studio condotto dall’Organizzazione Mondiale della Salute su 24.000 donne in 10 Paesi ha rilevato che la prevalenza di atti di violenza fisica e/o sessuale causati dal partner variavano dal 15 percento del Giappone urbano al 71 percento nell’ Etiopia rurale, mentre nella maggior parte delle aree la percentuale oscillava dal 30 al 60 percento.
Gli strumenti legali nazionali ed internazionali hanno sottolineato gli obblighi degli Stati nel prevenire, sradicare e punire la violenza contro le donne giovani e adulte.
Nel mondo sono stati compiuti enormi progressi nell’affrontare la violenza contro le donne giovani e adulte. Secondo uno “Studio Approfondito di Tutte le Forme di Violenza contro le Donne” condotto nel 2006 dall’ONU, 89 Paesi possiedono una legislazione sulla violenza domestica ed un numero crescente di Paesi ha istituito dei piani d’azione nazionali.
Lo stupro coniugale è un reato perseguibile in 104 Stati e 90 Paesi possiedono delle leggi sulla molestia sessuale. In 102 Paesi non esistono provvedimenti legali specifici contro la violenza domestica e lo stupro coniugale non è un reato perseguibile in almeno 53 nazioni.
La Convenzione sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (CEDAW) richiede che i Paesi parte della Convenzione adottino tutte le misure necessarie per porre fine alla violenza ma che, purtroppo, la prevalenza della violenza contro le donne giovani ed adulte mostra come questa debba ancora essere affrontata con tutto l’impegno politico e tutte le risorse necessarie.
Nel nostro Paese il 31,9% delle donne ha subìto violenza nel corso della propria vita e, nella maggior parte dei casi, a compierla sono i loro partner.
In Italia circa il 70% delle vittime di omicidi compiuti tra le mura domestiche sono donne e la violenza in famiglia resta la prima causa di morte violenta delle donne tra i 16 ed i 44 anni.
In Emilia-Romagna, a partire dalle ultime rilevazioni regionali disponibili,  quasi 1.500 donne ogni anno vengono accolte dai Centri antiviolenza sparsi per il territorio.
Per rilanciare le azioni di contrasto a questa piaga sociale tutte le Consigliere, assieme a molti colleghi Consiglieri, hanno presentato una Risoluzione in Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna, trasversalmente condivisa, con cui hanno impegnato la Giunta della Regione a realizzare alcune precise iniziative.
Occorre in particolare maggiore informazione e raccordo fra scuola, servizi territoriali, consultori per adolescenti e per le famiglie, così come anche l’avvio di una articolata campagna regionale di sensibilizzazione rivolta a tutti, con al centro il tema della libertà e del rispetto delle differenze … perché la lotta contro la violenza non duri solo un giorno!
Rita Moriconi

20 Novembre Giornata Mondiale dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza

La Convenzione sui Diritti dell Infanzia costituisce lo strumento normativo che tutela i diritti dell’infanzia. Approvata a New York il 20 novembre 1989 e, in maniera vincolante, per gli Stati aderenti, stabilisce le norme che regolano i comportamenti da tenere nel rispetto dei bambini, intesi in senso lato come gli adolescenti di eta’ inferiore ai 18 anni.
Il 20 novembre 1959 l’Assemblea Generale dell’Onu ha adottato la Dichiarazione dei Diritti dei Bambini ed il 20 novembre 1989 e’ stata approvata la Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia che si poneva tra i suoi scopi quello di assicurare ad ogni bambino la Salute, l’Istruzione, l’Uguaglianza e la Protezione.

13.11.10 LIBERATA AUNG SAN SUU KYI

“Apprendo con grande entusiasmo la notizia, ma il  regime militare birmano si sveglia con 15 anni di ritardo”, dichiara Rita Cinti Luciani responsbile nazionale pari opportunità PSI, in riferimento alla liberazione della leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, “a mio giudizio la liberazione di questa donna simbolo dei diritti civili che negli anni della  prigionia ha avuto il coraggio di conservare tenacemente le sue idee,  è un passo importante al quale ne dovranno seguire molti altri,  per far si che la Birmania inizi finalmente la costruzione di uno Stato democratico”.  

Pia Locatelli a Parigi da venerdì 12 a sabato 13 Consiglio dell'Internazionale Socialista Donne  
  • L' impact de la crise mondiale : la perspective des femmes pour une solution juste
  • The Global Crisis and its Impact on the Poor - the Perspective of Women for a Fair Solution
  • La crisis global y el impacto sobre los pobres: la perspectiva de la mujer para una solución justa
e da domenica 14 a martedì 16 riunione dell'Internazionale Socialista 
  • comme convenu lors de la réunion précédente du Conseil au siège des Nations-Unies à New York en juin. En accord avec les décisions prises lors de la réunion du Présidium de l’Internationale Socialiste le 20 septembre, l’ordre du jour pour cette réunion du Conseil portera sur trois thèmes principaux, en se concentrant sur l’économie mondiale, le changement climatique et la prochaine réunion du COP16, et la résolution des conflits.
  • as agreed at the previous Council meeting held at the United Nations Headquarters, New York in June. In accordance with the decision taken at the meeting of the Presidium of the Socialist International held on 20 September, the agenda for this Council meeting will include three main themes, focussing on The Global Economy, Climate Change and the forthcoming COP16, and Resolution of Conflicts.
  • como fuera acordado en el encuentro anterior del Consejo celebrado en la Sede de Naciones Unidas en Nueva York en el mes de junio.De acuerdo con la decisión tomada por el Presidium de la Internacional Socialista en su reunión del 20 de septiembre, la agenda de este Consejo incluirá tres temas principales centrados alrededor de la Economía Mundial, el Cambio Climático y la próxima COP16, y la Solución de Conflictos.

Non bastano le parole per far vivere un figlio malato

di Daniela Mignogna (Segreteria Nazionale del PSI - Politiche Socio Sanitarie)
 
Quando la disabilità oltre a essere fisica e sensoriale è anche intellettiva, il vuoto c’è, è tragicamente reale e le persone che la vivono insieme ai loro figli si sentono dimenticate. Qui di seguito la lettera inviata al ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna e al sottosegretario alla Salute Eugenio Roccella, ma idealmente indirizzata a tutte le “donne della politica”.
“Ascoltando le associazione che si occupano di sostenere, aiutare e difendere i diritti delle famiglie con a carico un figlio disabile gravissimo, sono sconfortata e molto preoccupata per come tali nuclei familiari vengono sostenuti a livello sanitario e assistenziale.
In Italia abbiamo delle buone Leggi (104/92, 162/98, 328/00) le quali spesso, però, rimangono tali solo sulla carta. Abbiamo una Costituzione Italiana, una Costituzione Europea e ora anche una Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, oltre alle varie Leggi Regionali e Comunali che affermano come le persone disabili debbano essere sostenute con appositi piani personalizzati di cure sanitarie e assistenziali, anche per ventiquattr’ore al giorno - quando si tratta di gravissima disabilità - e che si debbano inoltre prevedere e realizzare sostegni per permettere alle persone con disabilità di rimanere a casa propria con il proprio nucleo familiare. Ma oltre a confortare chi le legge, queste normative si rivelano una pura utopia e molte sono le motivazioni che vengono presentate alle famiglie per giustificare tali mancanze:  1. non ci sono le risorse economiche; 2. la situazione è troppo complessa; 3. viene sostenuta velatamente - tramite parole, atteggiamenti e comportamenti - la non opportunità di impegnarsi in un progetto completo e soddisfacente perché, stando alle statistiche, la vita di una persona con gravissima disabilità, molto spesso bambino, è piuttosto breve e perciò...
Alle donne delle nostre Istituzioni, dunque, molto impegnate a battersi per le Pari Opportunità tra uomini e donne, vorrei chiedere di battersi anche per le Pari Opportunità da donna a donna e di immedesimarsi nelle madri che da un giorno all’altro, dalla gioia più grande dell’attesa di un bimbo, sprofondano nella disperazione per la nascita della loro creatura con gravi malformazioni o malattie genetiche (in forte aumento), sovente con pluripatologie che comportano anche l’inserimento di un ventilatore polmonare, di alimentazione tramite PEG [gastrostomia endoscopica percutanea, N.d.R.], cateterismi ecc.
Queste creature vengono dimesse dagli ospedali e consegnate nelle braccia di quelle mamme senza un progetto definitivo. Esse devono quindi improvvisamente diventare infermiere (senza avere preso il diploma), imparare a destreggiarsi con il respiratore, a somministrare l’alimentazione con la PEG, a valutare il momento di cambiare il “bottone”, a mettere il catetere, a dormire pochissimo e così via.
Non hanno altra scelta: oltre al dolore di vedere la loro creatura soffrire, oltre a dover trascurare gli altri figli dopo avere usufruito dei due anni di congedo retribuito previsto dalle leggi - l’unica forma di sostegno veramente messa in pratica in tutta Italia - devono lasciare il lavoro e diventare le infermiere dei loro figli. Le ASL non costruiscono progetti sanitari allo scopo specifico, i Servizi Sociali attuano progetti carenti sia in qualità che in quantità, quasi sempre con la motivazione che le risorse economiche sono carenti.
Cosa fareste voi donne della politica? Voltereste le spalle alle vostre creature? Vi rassegnereste a una situazione da “reclusa” impegnata al 100% nel permettere a vostro figlio o figlia una vita il più lunga possibile, il più dignitosa e serena possibile, anche trascurando gli altri figli, ciò che sovente succede, oppure vi impegnereste e vi battereste per il riconoscimento dei vostri diritti di donna, di madre e di essere umano?
Loro non hanno questa forza o l’hanno perduta, dopo mesi o anni sono esauste e il diritto alla salute e alla qualità di vita viene loro negato così come ai loro figli.
Bisogna sempre ricorrere alle denunce sui giornali o alle vie legali per salvaguardare il benessere fisico e mentale di queste famiglie? Quando il diritto di queste famiglie a condurre una vita “normale” verrà veramente riconosciuto e garantito? Oppure saranno condannate per sempre ad espiare la “colpa” di aver dato vita a una creatura disabile?
Servono stanziamenti economici a livello nazionale riconosciuti come diritto non negoziabile e per questo attendiamo segnali di effettiva attenzione, non solo parole”.

Avanti! della domenica n°35

Rita Cinti Luciani nuova responsabile pari opportunità PSI

Sono nata il 13 dicembre 1959 a Codigoro, in provincia di Ferrara.
Ho conseguito la Laurea in Filosofia, presso l’Università degli Studi di Bologna e, attualmente, sono docente di “Lettere e Filosofia”, in aspettativa per incarichi amministrativi.
Iscritta al MGS fin da studentessa universitaria, nel 1988 sono stata eletta, nelle file del PSI, Consigliere Comunale del Comune di Codigoro dove dal 1993 al 1999 ho ricoperto la carica di Vicesindaco.
Dal 1990 al 1999 sono stata eletta Consigliere provinciale della Provincia di Ferrara e, dal 1999 al 2006, Assessore provinciale della Provincia di Ferrara con deleghe alla Cultura, Pubblica Istruzione, Personale e Pari Opportunità.
Dal maggio 2006 sono Sindaco del Comune di Codigoro, con il 74% dei voti, a capo di una giunta comunale composta da 8 assessori, di cui 5 sono donne.
Membro del Consiglio e della Direzione Nazionale del PSI, recentemente sono stata nominata componente anche della Segreteria Nazionale e Responsabile Pari opportunità  del PSI.

Sono iscritta alle Associazioni di Volontariato AVIS, AIDO e sono Presidente Onorario del Premio Letterario “Caput Gauri”: un premio nazionale di promozione della poesia e della lettura, promosso ed organizzato dall’omonima Associazione Culturale. 

Entusiasmo, iniziativa, e dinamismo mi hanno da sempre spinta a proseguire nello studio, nel lavoro, nell’attività politico-amministrativa per il raggiungimento di obiettivi comuni che possano consentire un accrescimento economico, sociale e culturale della comunità in cui mi trovo ad operare, con particolare attenzione e sensibilità verso le tematiche legate al mondo femminile, alle pari opportunità, al volontariato, all’istruzione. Intendo questa nuova delega di Responsabile Nazionale Pari Opportunità  PSI come una nuova , stimolante ed impegnativa avventura. Resto disponibile ad ascoltare ogni suggerimento utile per raggiungere il nostro comune scopo.

Pia Locatelli - La differenza la fanno le donne


Non è solo una questione di principio, ma di convenienza prevedere le ‘quote rosa’ anche nei CdA



Ha suscitato grande stupore, se non scandalo, la proposta di introdurre le quote nei Consigli di Amministrazione delle società.
Si può ovviamente essere d’accordo o meno, ma le reazioni negative sono esagerate. C’è chi parla di “ennesima norma discriminatoria a privilegio di un sesso su un altro”, chi di mortificazione del merito, chi  vede difficile praticare quote rosa nei CdA, chi è arrivato addirittura a parlare di lesione dei principi costituzionali.
Partiamo dai fatti e cioè dalla proposta di legge, approvata dalla Commissione Finanze, sulla composizione dei Consigli di Amministrazione delle società quotate. Nella sostanza si dice che essi devono prevedere nella loro composizione un certo equilibrio tra uomini e donne e si definisce un  limite minimo di presenze al di sotto del quale non si può andare: su dieci componenti almeno tre devono essere donne; o viceversa di uomini, anche se ad oggi il viceversa è solo teoria. L’applicazione della legge decorre dal primo rinnovo dei Consigli di Amministrazione (e dei Collegi sindacali) delle società.
Quali sono le motivazioni alla base di questa proposta? L’affermazione del principio di eguaglianza/equità? Anche, ma non è solo questione di principio, è questione di “convenienza”: le aziende che hanno studiato l’argomento hanno verificato che una presenza mista nel top management serve ad incrementare i risultati sia finanziari sia organizzativi. Il che vuol dire: squadra mista vince.
Lo hanno verificate in tanti: alcune aziende, lo studio del professor Michel Ferrary della Ceram School di Parigi, che ha tenuto sotto controllo i comportamenti delle banche francesi nell’anno 2008; lo ha confermato il 4° rapporto McKinsey presentato nei giorni scorsi a Dauville, Francia, dal titolo significativo “Women matter” (le donne contano, nel senso di “conta che ci siano le donne, perché fanno la differenza”). Questo è il quarto rapporto sull’argomento e ancora una volta viene confermato che una squadra mista nei livelli dirigenziali è fattore che determina migliori prestazioni aziendali. Chi studia questi fenomeni ha idee molto chiare, chi non li studia continua a rimanere prigioniero degli stereotipi culturali, quasi sempre sessisti, e, se è in posizione di potere, toglie la possibilità all’azienda di fare meglio non capendo che una squadra mista la fa funzionare in modo più soddisfacente.
Purtroppo i cambiamenti sono lenti, a volte perché si ha paura, a volte semplicemente perché si è pigri o ignoranti. Ben venga quindi la proposta di legge della Commissione Finanze che osa sfidare i luoghi comuni così diffusi, anche dal punto di vista giuridico.
A coloro che si stracciano le vesti e parlano di Costituzione violata, ricordo che, insieme alla Costituzione italiana, siamo al pari soggetti alla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea che all’articolo 23 dice: “La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro, di retribuzione. Il principio di parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.”

* Presidente Internazionale Socialista Donne

Le solite battute di Berlusconi

di Claudia Bastianelli 
Resp. Pari Opportunità Federazione dei Giovani Socialisti


Rabbia ed indignazione. Sono questi i sentimenti che suscita la dichiarazione del Premier Berlusconi nel commentare la vicenda che da qualche giorno lo vede coinvolto in un giro di escort e ragazze minorenni. Il Capo dello Governo, confermando di essere particolarmente incline a battute poco piacevoli, ha affermato che non c’è nulla di male nel guardare un bella ragazza, aggiungendo  poi che è meglio essere appassionato di belle donne che essere gay.
Vorrei dire  al Presidente Berlusconi che, dal mio modestissimo punto di vista, per qualunque uomo è molto più dignitoso essere omosessuale, piuttosto che frequentare giovani minorenni (anche se belle ragazze), soprattutto se a farlo è un baldo giovane di 74 anni che fa leva sul potere dei soldi e dell’influenza politica.
Ciò che mi preoccupa, però, non è solo la goliardia triste proposta da Berlusconi, ma il fatto che molti uomini italiani, anziché condannare queste  battute, le condividono, e molte giovanissime sono pronte a tutto in cambio di un abito firmato o di un po’ di soldi. Ciascuno ha ciò che si merita: il Paese  del bunga bunga pare riconoscersi di più in alcuni atteggiamenti del giullare di corte piuttosto che nella crisi che colpisce i più deboli e vedrà sempre più spesso titoli di giornali sulle donne di Berlusconi, piuttosto che sui cassintegrati. Commento finale? Ai posteri l’ardua sentenza, l’importante è che non arrivi troppo tardi per l’Italia ed i suoi giovani