Rinnovare il patto con gli italiani

di Rita Cinti Luciani responsabile nazionale pari opportunità PSI


Sabato 15 Roma è stata teatro di inaudite violenze da parte di gruppi che evidentemente nulla avevano in comune con quei cittadini che volevano pacificamente manifestare contro l’ingiustizia sociale e l’iniquità con le quali si sta affrontando la crisi nel nostro Paese.
Solidarietà a chi ha subito danni e speranza che i responsabili abbiano il giusto trattamento. Tutto ciò non fa che acuire un clima che non aiuta a dare le giuste risposte alle tante famiglie che in questi mesi hanno perso il lavoro, ai tanti giovani che non intravedono un percorso per il loro futuro, ad un’Italia che da troppo tempo attende risposte.
“Se una libera società non può aiutare i molti che sono poveri, non dovrebbe salvare i pochi che sono ricchi” sono le parole con le quali J.F.Kennedy si rivolgeva agli americani negli anni ’60. Parole di grande attualità, che dovrebbero essere suggerite al Presidente del Consiglio Berlusconi che invece ha come punto di riferimento politico Putin.
Ciò che è accaduto in Parlamento rispetto alla manovra finanziaria è l’ennesima conferma che questo Governo non ha alcuna strategia economica e politica: ciò che tiene unita la maggioranza, quando è presente, è la necessità di mantenere il potere.
Stiamo vivendo una crisi senza precedenti, l’Italia è ormai un Paese estenuato da una transizione politica che dura da un ventennio e ciò che appare più grave è che stanno aumentando i segni di frammentazione e nuove povertà. Confindustria chiede inascoltata politiche nuove per ridare slancio all’economia e al lavoro, abbiamo perso credibilità sui mercati internazionali e nei confronti degli altri Paesi europei, molte famiglie non arrivano più a fine mese e altre rischiano di perdere il lavoro, il potere d’acquisto del cittadino medio è sempre più in calo con conseguenze preoccupanti, la coesione sociale è in pericolo. Grande assente: la Politica del “BuonSenso”, della serietà e del rigore, del merito e dell’innovazione, quella politica in grado di ridare fiducia ai milioni di cittadini che l’hanno perduta e non esercitano più il diritto di voto.
Anche in questa finanziaria invece, dopo lunghe sceneggiate da far invidia a Totò e Peppino, il Governo ha approvato una manovra che nella sostanza ha cancellato il contributo di solidarietà per i ricchi, nessuna modifica sostanziale per lo Stato Centrale, sono state toccate in minima parte le speculazioni finanziarie, sparito il fondo per la non autosufficienza, è stata però aumentata l’iva con conseguente penalizzazione per i cittadini e ridotti ulteriormente gli spazi d’ intervento degli enti locali che da anni continuano a coprire i costi dello Stato in materia di pubblica istruzione e sostegno ai disabili, oggetto di altre sostanziali riduzioni in tema di diritti e aiuti. Le politiche del lavoro e di sostegno alla famiglia pressoché inesistenti. Si persevera nel continuare a prendere sempre agli stessi, privilegiando i più ricchi.
Da tempo noi socialisti abbiamo manifestato la necessità di rinnovare un Patto con gli italiani con un programma riformista e riformatore che prevede una riorganizzazione dello Stato e dei suoi apparati, privilegiando un federalismo solidale vero con uno snellimento delle strutture statali che valorizzi i sistemi regionali in modo da determinare assetti istituzionali in grado di ridurre gli sprechi. Questo significa lavorare sulle Unioni e fusioni di Comuni con gestioni uniche dei servizi in grado di mantenere la qualità con contenimento della spesa. Attivazione d’iniziative serie con valorizzazione di partnership pubblico-privato in materia di servizi alla persona in grado di non generare debiti da scaricare sulle future generazioni, ma siano garanzia di tutela per le fasce più deboli. E’ necessario promuovere investimenti per innovare il sistema delle imprese e renderle competitive sul mercato internazionale, alleggerire il sistema burocratico e introdurre politiche del lavoro che favoriscano i giovani e le donne come già avviene in molti paesi europei. Occorre una nuova legge elettorale che ridia ruolo all’elettore e favorisca la presenza delle donne, tenuto conto del fatto che l’Italia sconta politiche e costumi che certo non ne hanno favorito la presenza.
L’Italia ha bisogno di una proposta politica e programmatica chiara, credibile e praticabile. Facciamo in modo che questa generazione, senza rottamatori, ma con le intelligenze, scriva una storia che ridia fiducia ai nostri giovani, facciamo in modo che la politica e gli ideali rappresentino ancora per i nostri figli quell’orizzonte irraggiungibile che però ogni giorno segna un traguardo.

SCUOLA. SQUARCIONE: CRITICITA' AD UN PUNTO DI NON RITORNO

“Classi pollaio” e tagli alla scuola statale sono gli obbiettivi polemici di questo nuovo autunno caldo degli studenti medi, che stanno ancora manifestando da Roma a Palermo, da Milano a Reggio Calabria, da Brindisi a Gorizia. Il Psi – commenta la responsabile Nazionale Scuola del Partito, Maria Squarcione – combatte una battaglia storica in favore del sostegno alla scuola pubblica, battaglia che oggi, alla luce dell’attuale situazione di profondo disagio che investe tutte le componenti del settore scuola e della conoscenza, si rinnova nell’adesione alla protesta e in concrete proposte di risanamento che riguardano l’intero assetto attuale dell’istruzione primaria, secondaria ed universitaria. Il governo deve capire che non è più eludibile la necessità –  osserva Squarcione – di rendere centrale la questione-formazione nel suo complesso e che non è certo con le “cariche” della polizia che può essere affrontata e risolta. È evidente che la misure fin qui adottate mancano di quel necessario connotato di priorità da attribuire al problema della formazione e dell’istruzione e sono state perciò fattori determinanti  per arrivare all’attuale punto di non-ritorno di una criticità che - conclude l'esponente socialista - non prevede prospettive di innovazione e crescita e tanto meno di adeguamento a standard internazionali che ormai l’Europa ci sollecita in ogni circostanza.

Donne in parlamento, l'Italia come il Marocco


di Pia Locatelli
Presidente Internazionale Socialista Donne

Gli effetti positivi della Primavera Araba pare abbiano sfiorato anche la penisola che riunisce i Paesi più arretrati, dove l’esclusione delle donne dalla vita pubblica, in tutti i suoi aspetti, tocca estremi difficili da riscontrare in altre realtà del mondo.
Yemen, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait, Arabia Saudita occupano gli ultimi posti nella graduatoria mondiale della presenza delle donne nelle istituzioni e negli indici di sviluppo umano, confermando quanto l’ONU va ripetendo da alcuni anni: senza le donne le società non progrediscono.
Sorprendentemente ora in questa penisola del Medio Oriente, forse grazie al contagio della Primavera Araba, qualcosa si muove: persino in Arabia Saudita, il baluardo del divieto assoluto per le donne di occupare posti istituzionali, perché private del diritto di voto, ci sono timidi segnali di apertura. C’è spazio per qualche speranza? Difficile fare previsioni e soprattutto difficile parlare di libertà e di diritti per tutti, donne e uomini.
Per la verità i primi segnali di apertura risalgono a quasi quarant’anni fa, quando lo Yemen del Sud concesse alle donne il diritto di voto. Purtroppo i decenni scorsi sono stati piuttosto inutili per la causa femminile delle Yemenite. Nello Yemen unificato di oggi solo lo 0,5% dei posti nelle istituzioni, sia locali sia nazionali, vede presenze femminili, ad indicare che non sempre “l’anzianità delle conquiste” va di pari passo con l’avanzamento  delle stesse. Non sempre la contiguità geografica aiuta, infatti ci sono voluti alcuni decenni perché l’esempio dello Yemen venisse seguito dal Qatar nel 1999, dal Bahrein nel 2002, dal Kuwait nel 2005 ... e infine, in questi giorni, dall’Arabia Saudita. Il tabù è caduto, certamente, ma questo non basta per garantire un percorso senza ostacoli verso la parità.
Il dibattito attorno alle concessioni fatte dal Re dell’Arabia Saudita davanti alla  Shura, il Consiglio solo consultivo i cui membri sono scelti dallo stesso sovrano, è stato acceso ed ha visto le donne del mondo divise nel giudizio. Elettorato attivo e passivo nelle prossime elezioni municipali che si terranno tra quattro anni e possibilità per il Re di scegliere nomi femminili per la composizione della Shura nel 2013. Per la verità sono passi avanti così limitati da rendere difficile esprimere un qualche apprezzamento. Credo però che la caduta di un tabù vada sempre considerata positivamente, specialmente se è la conseguenza di azioni di “pioniere”.
Il riferimento è alla campagna lanciata da un gruppo di donne dell’Arabia Saudita, una piccola élite del Paese, per opporsi al divieto di guida voluto dalle autorità religiose. L’appuntamento per la sfida, raccolta da qualche decina di coraggiose, è stato lo scorso 17 giugno. Pare che la giornata abbia lasciato il segno. C’è infatti una relazione tra la campagna contro il divieto e le concessioni reali, essendo la prima l’embrione di una campagna più larga per la richiesta di diritti a favore delle donne.
L’esperienza del mondo ci insegna che il percorso delle donne verso la parità è accidentato, variegato, mai nulla è conquistato con facilità e una volta per sempre. L’Italia del berlusconismo ne è la conferma.
In questi giorni si è svolta a Rabat, Marocco, una riunione regionale dell’Internazionale Socialista Donne per discutere del contributo femminile alla costruzione della democrazia nei Paesi toccati dalla Primavera Araba. Il Marocco ha risposto alle prime manifestazioni di protesta con una riforma costituzionale che prevede la riduzione dei poteri del Re e l’ampliamento di quelli del Parlamento e del Primo Ministro; l’indipendenza del sistema giudiziario e il riconoscimento della lingua berbera come lingua ufficiale insieme all’arabo; la costituzionalizzazione del principio di uguaglianza tra uomini e donne.

Scuola e formazione - dialoghi in corso

di Rita Moriconi

SCUOLA E FORMAZIONE
Dialogo in Corso

Reggio Emilia 6 Ottobre 2011

Quando ho ricevuto l’invito a questo convegno ho subito pensato a quanto sia urgente, in un momento così difficile, sul piano delle risorse, per gli Enti locali di qualsiasi livello, discutere e ripensare dal profondo il rapporto tra scuola e formazione ed, in particolare, rimettere al centro della nostra attenzione l’individuo e riflettere innanzitutto sulle persone e sulle loro vocazioni nel momento in cui si decide di affrontare i discorsi di sistema per disegnare il futuro dei percorsi scolastici delle nuove generazioni.
Mi ha sempre colpito molto una frase di Pablo Picasso il quale, da grande artista qual’era, diceva sempre che l’arte la si fa con le mani; e tutte le volte che vedo qualcuno, che sia una sarta, un artigiano o un cuoco, che dalle sue mani trasforma nudi elementi in oggetti resto sempre stupita: è una piccola magia che accade ogni giorno davanti ai nostri occhi ma cui non prestiamo la dovuta attenzione, quasi che fosse la cosa più normale del mondo salvo poi non sapere più a chi rivolgersi quando cerchiamo qualcuno che ci accorci un paio di pantaloni o che ci possa risuolare un paio di scarpe.
Io resto convinta che abbiamo completamente perso di vista quanto sia utile, importante e vitale per il futuro del nostro Paese far passare il messaggio che la scuola non è soltanto quella che forma la mente, ma è anche quella che forma le professionalità, e che il sostantivo professionalità non si applica soltanto ad un bravo ingegnere o ad un medico qualificato, ma anche ad un ottimo professionista – a patto che sappia fare bene il suo lavoro - come chi sa fare un buon taglio di capelli o a chi sappia posare come si deve un parquet.