25 novembre, No alla violenza contro le donne.


Con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999, le Nazioni Unite hanno dedicato il 25 novembre alla celebrazione della giornata internazionale per eliminare la violenza contro le donne, invitando governi, organizzazioni internazionali e ONG a organizzare eventi per sollecitare l’attenzione pubblica sul tema. 
La scelta della giornata del 25 novembre da parte delle organizzazioni femministe risale al 1981 e la data venne scelta per ricordare le tre sorelle Mirabal, colpevoli di opporsi alla dittatura di Rafael Leónidas Trujillo giunto al potere nel 1930 con elezioni truccate, trucidate dalle forze speciali della Repubblica Dominicana nel 1960.
I diritti delle donne sono diritti umani a tutti gli effetti e qualunque violazione di questi diritti è pertanto una violazione dei diritti umani. Scopo della campagna è quindi l’eliminazione di tutte le forme di violenza sulle donne attraverso:
  • il riconoscimento a livello internazionale, regionale e locale della violenza di genere come violazione dei diritti umani;
  • il rafforzamento delle attività a livello locale ed internazionale contro questo tipo di violenza;
  • la creazione di spazi internazionali di discussione per l’adozione di strategie condivise ed efficaci in materia;
  • dimostrazioni di solidarietà con le vittime di queste violenze in tutto il mondo;
  • il ricorso a governi affinché adottino provvedimenti concreti per l’eliminazione di questo tipo di violenze 
Pia Locatelli - Mariposas, non vi dimenticheremo
Presidente Internazionale Socialista Donne
 
Il 25 novembre, “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, è celebrazione recente, diversamente dal primo maggio, giornata del lavoro, o dall’otto marzo, giornata internazionale delle donne, entrambe di origine socialista e celebrate da ormai cento anni.
Questa giornata nasce a Bogotà durante un incontro femminista dell’America Latina e dei Caraibi,  per iniziativa della delegazione della Repubblica Dominicana che propose di arricchire il calendario internazionale con il ricordo delle sorelle Mirabal.
Le Mirabal erano quattro: Minerva, la pasionaria avvocata degli oppressi, Patria, la devota, Maria Teresa, entrata in politica per amore, Dedé, l’unica sopravvissuta perché non coinvolta nell’impegno politico. E’ grazie al racconto di quest’ultima che conosciamo la storia delle sue tre sorelle, chiamate con il nome di battaglia di mariposas, farfalle, per la loro bellezza e apparente fragilità. Le Mariposas furono perseguitate dal dittatore Trujillo per la loro attività politica: furono incarcerate, la loro casa, centro di attività politica contro la dittatura, fu distrutta, i loro beni espropriati. Ma non bastò, il 25 novembre 1960, mentre si recavano in carcere a visitare i mariti, la loro auto fu intercettata dal Servizio d’Intelligenza Militare e furono orrendamente massacrate: prima bastonate, accoltellate, torturate e infine strangolate dando a questa tragedia la connotazione del femminicidio. La loro jeep fu fatta trovare in un burrone, nel tentativo di mascherare il massacro con un incidente, ma l’orrore per l’accaduto si diffuse nel Paese con intensità e rapidità, l’odio per il dittatore Trujillo esplose e fomentò la rivolta contro la dittatura, che durava da oltre trent’anni, che crollò pochi mesi dopo.
A distanza di vent’anni fu avanzata la proposta delle femministe dominicane e furono necessari altri vent’anni perché l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite accogliesse la richiesta proclamando il 25 Novembre “Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” e invitando i governi, le istituzioni internazionali e le organizzazioni non governative a promuovere in quel giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica.
Da allora, soprattutto ad opera delle organizzazioni femminili e femministe e dei centri antiviolenza, la giornata è entrata nel calendario internazionale ed è ora patrimonio comune, come lo sono il primo maggio o la giornata internazionale delle donne.
Il tema della violenza alle donne è sempre stato all’attenzione dell’Internazionale Socialista Donne fin dalla sua fondazione, perché è purtroppo una presenza costante nella vita di un numero incredibile di donne: violenza dentro la famiglia, la più nascosta e la più insidiosa; violenza scoperta e raccapricciante, come quella che ha portato alla morte la pakistano-bresciana Hina o Aqsa Parvez, la sedicenne canadese di cultura islamica, entrambe uccise dal padre in nome dell’onore della famiglia; violenza sempre più sofisticata e organizzata come quella legata al traffico internazionale della prostituzione, che fa diventare schiave le donne che vi sono coinvolte con la speranza di un lavoro o di un guadagno facile; violenza innominabile come quella perpetrata contro le bambine e i bambini; violenza in India o in Cina contro le bambine mai nate a causa di politiche demografiche che fanno preferire di non far nascere un nascituro se di sesso femminile; violenza praticata nel nome della cultura e delle tradizioni, come le mutilazioni genitali, di origine pre-islamica e che nulla hanno a che vedere con la religione...
Soprattutto violenza nella vita quotidiana di tante donne e bambine che apparentemente vivono una vita normale, vicine a noi, come se nulla fosse, e invece dietro il loro silenzio si nascondono drammi inimmaginabili.
Sono tante, troppe le donne che ne sono vittime, e se siamo così fortunate da non averla sperimentata, pensiamo che certamente in un qualsiasi incontro che veda riunite un gruppo anche piccolo di donne, c’è qualcuna che la violenza l’ha subita ma ha difficoltà a parlarne, come se si dovesse vergognare di essere una vittima.
Il 25 Novembre ci chiama a fare i conti con la voglia di non vedere, di girare il capo dall’altra parte, che in fondo è una sorta di omertà, e ci assegna il compito di far uscire dal silenzio la tragedia della violenza alle donne e alle bambine.

Rita Cinti Luciani - Un problema tutto da vincere un’emergenza su scala globale
responsabile nazionale Pari Opportunità PSI
Questa è una giornata simbolo per un problema tutto da vincere, “un fenomeno che rappresenta una vera emergenza su scala mondiale” , come l’ha definito anche il Presidente Napolitano.
Molti degli uomini che maltrattano le donne hanno avuto “una mamma cattiva”, “una mamma inadeguata che non sapeva cucinare”, “che  non sapeva parlare e che sbagliava anche quando taceva, una mamma che il papà puniva”. Le donne maltrattate in famiglia quasi sempre tacciono per paura e vergogna e la violenza subita diventa parte di un destino che difficilmente si apre a vie di fuga.
La predestinazione in realtà appartiene più alla violenza praticata piuttosto che non a quella subita.  Violenti si può diventare perchè non si è stati educati al rispetto dell’altro, violenti si può diventare quando da bambini si è assistito alla violenza fatta da un adulto di riferimento sulla propria madre, violenti si può diventare perchè si è cresciuti immersi in una cultura che non attribuisce valore alle donne e alle loro vite.
La violenza contro le donne è un fenomeno in espansione, negli ultimi anni sono aumentati in maniera allarmante i femminicidi, in gran parte riferibili alla violenza domestica.
Nel 2009 l’Istat ha calcolato che in Italia oltre 10 milioni di donne tra i 16 e i 65 anni nel corso della loro vita hanno subito una qualche forma di violenza fisica, sessuale o psicologica con comportamenti persecutori (stalking). Ricerche più recenti depongono per un continuo aggravarsi del fenomeno. Accanto alle donne che da sempre tacciono per paura e vergogna e perché “col tempo è arrivata una sorta di rassegnazione”, ci sono le nuove schiave, quelle della tratta, per lo più Nigeriane ma anche rumene ed ucraine il cui progetto migratorio di una vita migliore si è frantumato sui marciapidi delle periferie delle nostre città, donne che tacciono perché temono per la propria vita e per quella dei propri famigliari.
Poi ci sono le donne che provengono da Paesi di predominante cultura maschilista, quelle per le quali la parità tra i sessi non sta sotto questo cielo, quelle per le quali la subordinazione della femmina al maschio è natura e credo. Mutilazioni, stupri generalizzati, lapidazioni, non avvengono molto lontano da noi e non possiamo restare indifferenti.
Poi ci sono i pericoli della rete, gli adescamenti di minorenni attraverso i social network, le reputazioni rovinate via telefonino quasi per scherzo, così, tanto per farsi grandi con gli amici. Spesso ci si interroga sul perché di tanta violenza e viene fuori di tutto: la crescente frustazione dei maschi, le culture in conflitto, la riduzione pubblicitaria del corpo femminile a merce, la violenza dilagante sulla rete, l’incapacità di comunicare, l’incapacità di perdere, la mancanza di modelli positivi, i genitori disattenti…
Espressioni tutte, ritengo, di una mancata educazione dei sentimenti.
Ci si dovrebbe occupare dell’educazione sentimentale dei bambini e delle bambine in famiglia e soprattutto a scuola, a partire dalla scuola materna fino alla scuola secondaria.
Un Ministro della Pubblica Istruzione che portasse all’introduzione dell’educazione dei sentimenti nei nostri ordinamenti opererebbe senza dubbio una lungimirante operazione di riforma della scuola italiana e farebbe opera altamente meritoria per la società presente e futura. Ma il nostro Governo e la nostra Ministra sono troppo concentrati nel tagliare i fondi alla scuola pubblica. In attesa che adulti meglio educati nei sentimenti e nel rispetto della persona crescano non resta che lavorare per prevenire e per riparare precocemente i danni prodotti ai bambini, alle bambine e alle donne dai maltrattamenti subiti.
Nel nostro Paese, in molti casi e in molte realtà si sono realizzate ottime pratiche che dovrebbero essere portate a sistema nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale.
Stato e Regioni dovrebbero predisporre linee di finanziamento destinate a programmi di messa in tutela e reinserimento sociale delle donne maltrattate, a promuovere la crescita della rete delle case delle donne, a sostenere economicamente i Comuni e le associazioni di volontariato che se ne occupano.Solo con interventi sistematici e reti di protezione si possono ottenere risultati positivi e indurre un maggior numero di donne a reagire e denunciare le violenze subite.
Il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, da giornata di denuncia della violenza potrebbe trasformarsi in giornata di promozione del benessere delle donne, bisogna volerlo fare, occuparsene e preoccuparsene tutti i giorni. 

Claudia Bastianelli - E le vittime sono sempre più giovani
Resp. Pari Opportunità FGS

La questione della violenza sulle donne è un tema purtroppo sempre attuale ed assolutamente trasversale, dove l’età, l’aspetto esteriore o la classe sociale non costituiscono alcuna discriminante. Si tratta di una vera questione internazionale, in quanto in ogni Paese del pianeta, indipendentemente dallo sviluppo culturale e dalla forma di governo, ci sono donne che subiscono violenze fisiche, psicologiche e sessuali. Troppe donne, soprattutto nei Paesi Islamici, rimangono vittime di lapidazione condannate da sentenze arbitrarie e per reati, quali ad esempio l’adulterio, che nella gran parte del mondo occidentale rientrano nella sfera delle libertà di autodeterminazione. Le pratiche violente che vengono inflitte sulle donne come la pena di morte tramite lapidazione oppure l’infibulazione o l’imposizione di indossare il burqua, non sono rappresentative di una particolare forma religiosa, ma costituiscono una forma di oppressione patriarcale che ha come unico scopo quello di annullarne il corpo e l’anima e di far si che, nascoste dietro un velo quadrettato, non osino mai ribellarsi, ma continuino a vivere nel ghetto che qualcun altro ha costruito per loro.
Non dobbiamo però pensare che tutto ciò sia lontano da noi, che sia soltanto un modo di approcciarsi all’universo femminile tipico di Paesi “democraticamente arretrati”. In Italia i maltrattamenti all’interno delle mura domestiche rappresentano la prima causa di morte per le donne tra i 16 ed i 60 anni; quasi il 70% degli stupri viene attuato dal partner o da uomini appartenenti alla famiglia della vittima. Preoccupante è il fenomeno che stima l’abbassarsi sempre di più dell’età media delle vittime; ma ancor più agghiacciante è il fatto che più del 90% delle violenze non viene mai denunciata a causa della paura e dei ricatti, che spesso si ripercuotono anche nei figli (nel caso delle violenze domestiche), che subiscono le donne. Il silenzio spesso deriva anche dalla mancata autosufficienza economica, che costringe le donne a restare legate ai propri aguzzini. Il primo impegno delle Istituzione dovrebbe essere, dunque, proprio quello di mettere le donne che subiscono violenza, nella condizione di non avere paura a denunciare, e dunque di fornire loro sostegno psicologico, protezione post denuncia, e vie privilegiate di accesso al mondo del lavoro. Il bisogno che alcuni uomini hanno di dominare il sesso opposto con comportamenti violenti è forse spiegabile da luminari in psicologia, ma ciò che non si può comunque accettare e giustificare in alcun caso. Un elemento però non va sottovalutato: le lacune culturali che ancora resistono nel nostro Paese e che fino a qualche anno fa prevedevano pene attenuate in caso di colpevoli di “delitto d’onore” rappresentano il male più difficile da sradicare. E’ proprio per questo che la scuola e l’educazione in famiglia costituiscono una via possibile per fare in modo che le nuove generazioni imparino cosa sia il rispetto per i propri simili, che si tratti di donne, portatori di handicap, immigrati o altro, senza alcuna forma discriminatoria. E’ compito anche del nostro Partito, quale forza riformista basata sui valori delle pari opportunità e della difesa dei diritti umani intesi nel senso più ampio del termine, mantenere alta l’attenzione su questi temi, anche in conformità a quanto previsto dal capitolo quarto del Manifesto del PSE People First, a quanto disciplinato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e soprattutto dalla Carta Costituzionale Italiana.
 
NUMERO SPECIALE DELL'AVANTI! DELLA DOMENICA


Perché il 25 novembre non duri solo un giorno 

Quarantacinque anni fa Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, eroine della lotta di liberazione della Repubblica Dominicana dal dittatore Trujillo, furono fermate da agenti segreti del servizio militare mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione e, dopo avere subito numerose torture, furono chiuse nell’abitacolo della macchina nella quale viaggiavano e spinte in un precipizio al fine di simulare una morte accidentale.
Oggi sono il simbolo internazionale della battaglia contro la violenza alle donne e che l’Onu ha reso indelebile il loro ricordo nel 1998, proclamando il 25 novembre, anniversario della loro morte, la giornata internazionale contro la violenza alle donne.
La violenza contro le donne, sia  giovani che adulte, è una delle violazioni di diritti umani più diffuse e che questa può riguardare l’abuso fisico, sessuale, psicologico ed economico e va oltre i limiti di età, razza, cultura, benessere e posizione geografica.
La violenza contro le donne si verifica a casa, sulla strada, nelle scuole, sul luogo di lavoro, nei campi, nei campi profughi, durante scontri e crisi e che si manifesta in diversi modi, dalle forme più comuni di violenza domestica e sessuale, le convenzioni sociali dannose, l’abuso durante la gravidanza, fino ai cosiddetti delitti d’onore ed altri reati gravi legati solo al fatto di essere donne.

In tutto il mondo più di sei donne su dieci hanno subito nel corso della propria vita violenze fisiche e/o sessuali.
Uno studio condotto dall’Organizzazione Mondiale della Salute su 24.000 donne in 10 Paesi ha rilevato che la prevalenza di atti di violenza fisica e/o sessuale causati dal partner variavano dal 15 percento del Giappone urbano al 71 percento nell’ Etiopia rurale, mentre nella maggior parte delle aree la percentuale oscillava dal 30 al 60 percento.
Gli strumenti legali nazionali ed internazionali hanno sottolineato gli obblighi degli Stati nel prevenire, sradicare e punire la violenza contro le donne giovani e adulte.
Nel mondo sono stati compiuti enormi progressi nell’affrontare la violenza contro le donne giovani e adulte. Secondo uno “Studio Approfondito di Tutte le Forme di Violenza contro le Donne” condotto nel 2006 dall’ONU, 89 Paesi possiedono una legislazione sulla violenza domestica ed un numero crescente di Paesi ha istituito dei piani d’azione nazionali.
Lo stupro coniugale è un reato perseguibile in 104 Stati e 90 Paesi possiedono delle leggi sulla molestia sessuale. In 102 Paesi non esistono provvedimenti legali specifici contro la violenza domestica e lo stupro coniugale non è un reato perseguibile in almeno 53 nazioni.
La Convenzione sull’Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne (CEDAW) richiede che i Paesi parte della Convenzione adottino tutte le misure necessarie per porre fine alla violenza ma che, purtroppo, la prevalenza della violenza contro le donne giovani ed adulte mostra come questa debba ancora essere affrontata con tutto l’impegno politico e tutte le risorse necessarie.
Nel nostro Paese il 31,9% delle donne ha subìto violenza nel corso della propria vita e, nella maggior parte dei casi, a compierla sono i loro partner.
In Italia circa il 70% delle vittime di omicidi compiuti tra le mura domestiche sono donne e la violenza in famiglia resta la prima causa di morte violenta delle donne tra i 16 ed i 44 anni.
In Emilia-Romagna, a partire dalle ultime rilevazioni regionali disponibili,  quasi 1.500 donne ogni anno vengono accolte dai Centri antiviolenza sparsi per il territorio.
Per rilanciare le azioni di contrasto a questa piaga sociale tutte le Consigliere, assieme a molti colleghi Consiglieri, hanno presentato una Risoluzione in Assemblea Legislativa dell’Emilia Romagna, trasversalmente condivisa, con cui hanno impegnato la Giunta della Regione a realizzare alcune precise iniziative.
Occorre in particolare maggiore informazione e raccordo fra scuola, servizi territoriali, consultori per adolescenti e per le famiglie, così come anche l’avvio di una articolata campagna regionale di sensibilizzazione rivolta a tutti, con al centro il tema della libertà e del rispetto delle differenze … perché la lotta contro la violenza non duri solo un giorno!
Rita Moriconi

Nessun commento: