SE SEI UN DISABILE MENTALE NON MERITI IL TRAPIANTO

di Daniela Mignogna  (Segreteria Nazionale del PSI - Politiche Socio Sanitarie)

Le linee guida della regione Veneto giudicano il ritardo mentale una specie di controindicazione al trapianto, escludendo quindi i pazienti con disabilità intellettiva da questa procedura salvavita. Luca Coletto, assessore regionale alla sanità ha dichiarato che la delibera si rifà alle indicazioni internazionali, le quali pongono i disabili mentali con quoziente intellettivo sotto i 70 come soggetti in cui il trapianto di un organo avrebbe maggiori possibilità di fallimento e ciò andrebbe ad incidere anche sulla scarsità di organi disponibili; pare di capire insomma che sarebbe come sprecare un organo.
Ci sarebbe però anche un'altra questione. Data la condizione fisica del paziente, il soggetto andrebbe anche maggiormente incontro a pericolo di decesso, in quanto occorre avere la sicurezza che la persona una volta superato l’intervento sia in grado di sostenere e mantenere l’aderenza a terapie molto invasive; quindi, queste linee guida sarebbero anche una specie di manovra cautelativa verso chi ha un ritardo mentale.
Sono rimasta molto sorpresa dal fatto che un’istituzione pubblica avallasse di fatto un criterio che a mio avviso non trova un riscontro né giuridico né etico né seriamente clinico e vale a dire quello di escludere a priori i pazienti con ritardo mentale dalla trapiantabilità.
Viene ribadito anche dal Centro Nazionale Trapianti: fino ad oggi a livello nazionale non c’è questa discriminazione anche se il Veneto apre a questa possibilità.
Di fatto a livello nazionale quasi tutti i centri hanno finora sempre valutato il paziente caso per caso, senza  considerare il  Quoziente Intellettivo (QI) come una discriminante, ma sempre valutando il singolo paziente. Questa a me sembra essere la valutazione più corretta da fare.
E’ chiaro che le linee guida pubblicate dal Veneto hanno recepito verosimilmente delle linee guida cliniche, mediche, psicologiche e quindi elaborate da esperti. Il problema è ancor prima che politico - vorrei dire - un problema medico. Chiaramente per quanto riguarda il caso del Veneto, ora ci si aspetta un correttivo e ce lo auguriamo tutti.
Ci sono alcuni articoli ed anche alcuni bioeticisti che sostengono che sia inutile trapiantare queste persone, perché poi in termini di qualità di vita non si gioveranno del trapianto. Ma ripeto ancora: chi la valuta la loro qualità di vita?Viene messa in discussione addirittura la dignità umana. - Siamo al solito problema del concetto chi è persona e chi no. In fondo questo è alla base di molte controversie proprio in bioetica.Se si vuole essere brutali è come se si stesse affermando: “non sprechiamo pezzi di ricambio per persone per cui non ne vale la pena”: torniamo ai figli di un Dio minore?

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