II° Congresso Nazionale





Contributi  delle donne al congresso del PSI 


  • C'è tanto bisogno di socialismo 
di Rita Moriconi
Cari compagni,
sono passati pochi mesi dalle elezioni regionali 2010 e finalmente il mio lavoro in regione sta prendendo forma, gambe e sostanza; di questo sono davvero felice, e voglio cogliere questa occasione per ringraziare apertamente, dal profondo del cuore e senza alcuna retorica, tutti quelli che hanno contribuito a questo buon risultato che, per un partito con i nostri numeri, non era affatto scontato.
Tornando però per un momento a quei giorni io credo, sinceramente, che sia ormai tempo di guardare con occhi diversi a quella fase difficile e travagliata della vita del nostro partito. Perciò vorrei fare un accenno, breve, sincero e per nulla polemico, al mio attuale ruolo in regione ed alle problematicità che hanno accompagnato la vita del partito nell’ultima campagna elettorale per le regionali. E questo, ci tengo a precisarlo una volta per tutte, non per togliermi sassolini dalle scarpe o per avere chissà quali soddisfazioni postume che non mi danno proprio alcun piacere, ma per mettere finalmente la parola fine ad una stagione che ci ha visto rissosi, divisi e davvero come non vorrei vedere mai più il mio partito.
Io sono socialista, figlia di socialisti e ritengo ingiusto, oltreché sbagliato, aver gettato fango per svuotare di significato una scelta che, seppur approvata in ultima istanza dal Presidente della Regione - come d’altra parte è corretto fare nel momento in cui si scrivono i nomi sul listino di un candidato Presidente - è stata compiuta, insieme al Commissario regionale ed al Segretario Nazionale, da socialisti per i socialisti dell’Emilia Romagna e questo, a mio avviso, ha il suo significato oggettivo, al di là di ogni speculazione o dietrologia che, davvero, oggi lascia il tempo che trova. E colgo questa occasione anche per dire una parola definitiva su quella che ormai vorrei archiviare come una polemica decisamente oziosa: l’esistenza o meno del Gruppo Assembleare del partito socialista in Regione. Voglio ribadire - in maniera decisiva e spero definitiva - che il Gruppo in Regione c’è! Non è formalmente costituito perché le norme regionali - ma sopratutto uno specifico accordo politico stipulato dal partito prima delle elezioni regionali e, giova sottolinearlo, anche del mio inserimento nel listino - non ne prevedono la formalizzazione. Ciò però non ha comunque impedito - dando corso a tale accordo e nel rispetto di una dialettica interna con il gruppo PD che, giova ricordarlo, finora si è svolta nella massima correttezza - di aver avuto la possibilità di organizzarci con una piccola ma efficiente struttura indipendente e con la necessaria autonomia politica e finanziaria, come appunto pattuito in sede di accordo con il PD.
Detto questo, voglio affermare con convinzione in questa sede che, ove le condizioni che ho premesso dovessero venir meno, non avremo alcuna esitazione a tutelare la nostra visibilità politica e la nostra operatività istituzionale attraverso la costituzione del Gruppo Misto-PSI per mantenere l’impegno che tutti insieme abbiamo preso con le migliaia di elettori socialisti che, nella nostra provincia e nella nostra regione, hanno votato i nostri candidati nelle liste del PD o semplicemente per Errani pur di preservare la presenza socialista in Emilia Romagna.
Con questo io voglio sperare di aver risposto in modo chiaro a quanti ancora nutrono dubbi o perplessità: noi socialisti in regione ci siamo e siamo nelle condizioni di poter fare un buon lavoro nei prossimi cinque anni ed io voglio impegnarmi fin da ora a fare il possibile perché questo accada!
però risulta evidente a tutti, un partito non è fatto solo del centro, ma ha bisogno dell’aiuto e del lavoro di tutti quelli che danno il loro contributo sul territorio; a tal fine vi comunico che è mia intenzione dar vita al più presto, in piena sintonia con gli organismi del partito - che dovranno svolgere al meglio il lavoro politico ed organizzativo - e nella forma più snella ed efficace possibile, ad un coordinamento permanente di tutti quanti i nostri amministratori locali. Sono infatti fermamente convinta che solo in accordo e sintonia con loro potrò avere gli strumenti di conoscenza necessari a portare avanti le iniziative più efficaci per ciascun territorio.
Noi, compagni, stiamo vivendo un momento storico di grande difficoltà, di tipo politico, economico e soprattutto culturale…e nei momenti di crisi c’è bisogno dell’aiuto di tutti, anche di quelle forze politiche come la nostra i cui numeri poco consistenti ne hanno precluso l’accesso al parlamento, ma ci hanno però permesso di mantenere sul territorio uomini, amministratori ed idee che hanno forza e sono portatrici di quei valori e di quegli ideali cui dobbiamo fortemente rimanere ancorati per guardare ad un nuovo futuro.
Vedete, io sono convinta che sia davvero inutile guardare solo al passato e dirci quanto siamo stati “bravi” a raggiungere i nostri successi; che sia davvero inutile rimanere seduti sulla riva del fiume aspettando che la corrente porti quel cambiamento che così fortemente desideriamo: dobbiamo essere noi gli attori di quel cambiamento!!! E dircelo e ridircelo fino a che questo concetto semplice ma difficile da piantare sia entrato nelle nostre teste, nel nostro cervello…
Dobbiamo concentrarci sull’oggi, perché, come ha scritto George Orwell in 1984 - lui che di sistemi politici se ne intendeva - chi controlla il passato governa il presente, e soltanto chi governa il presente ha le chiavi per il futuro…..e dunque sul futuro dobbiamo impegnarci affinché questo partito, il nostro partito, sia nelle condizioni di poter fare, concretamente, ancora la sua parte nella vita politica del nostro Paese.
Come fare? 
A mio avviso la prima cosa che dobbiamo fare è ascoltare. Ascoltare le persone, i loro bisogni, i loro problemi. Credo però anche che, umilmente ma con orgoglio, convinzione e determinazione, dovremo ricominciare a riappropriarci della parola socialismo che troppo spesso, ed a volte a sproposito, sentiamo in bocca ad altri e declinarla a modo nostro, con i nostri valori e le nostre convinzioni, affinché divengano proposte concrete che abbiano la forza di intercettare i bisogni della gente e di cambiare il volto del socialismo italiano .
Sono consapevole che i temi da affrontare sono davvero tanti e che le mie spalle sono soltanto due, ma mi piace pensare che dovremo fare tutto il possibile affinché le nostre proposte diventino azioni concrete su campi vitali come lavoro, scuola e difesa dei diritti perché, cari compagni, nonostante i proclami decisamente retorici del ministro Carfagna , se tante delle nostre strade sono ancora piene di prostitute che, come quelle prigioniere nelle case chiuse “liberate” dalla socialista senatrice Merlìn alla fine degli anni ‘50, sono ancora poco più che schiave dei loro sfruttatori, allora vuol dire che c’è ancora bisogno di socialismo; perché se tante coppie di fatto che, nonostante la mancanza di diritti, continuano a crescere - i dati Istat 2006 ne conteggiano 564.000 con un trend in costante aumento e contando solo le coppie eterosessuali visto che quelle omosessuali non sono state prese in considerazione (il che vuol dire più di 1 milione di persone che pagano le tasse ma sono senza diritti di famiglia) - ed inutilmente, da anni, sono lì a chiedere una qualche forma di tutela per i loro legami, allora vuol dire che c’è tanto bisogno di socialismo; quando leggo che nel prossimo anno scolastico alla regione Emilia Romagna saranno tagliati 1193 docenti (cui si devono sommare i 1163 già tagliati nell’anno scolastico 2009/2010) il ché presuppone il rischio serio di non poter aprire nuove sezioni ed avere così classi di 30 alunni, allora vuol dire che c’è tantissimo bisogno di socialismo per salvare la scuola pubblica e la pubblica istruzione (che non sono la stessa cosa); perché quando vedo lo Stato centrale contrarre la spesa pubblica al punto da costringere gli Enti Locali ad intaccare in maniera sostanziale la qualità dei servizi sociali e, peggio, a pregiudicarne la stessa esistenza vuol dire che c’è molto bisogno di socialismo; perché se una regione con i conti della sanità a posto come l’Emilia-Romagna si vedrà costretta a tagli consistenti in un settore cosi delicato e vitale come la sanità quando le liste d’attesa per gli esami medici già ora si allungano al punto che la gente si vede costretta, volente o nolente, a ricorrere a prestazioni private per curarsi, allora vuol dire che c’è ancora moltissimo bisogno di socialismo; perché se il governo, e ahinoi, non dobbiamo nasconderlo, anche pezzi dell’opposizione, continua a non trattare il Vaticano come uno Stato estero da rispettare, ma a permettere che i suoi prelati continuino a dire ai nostri parlamentari cosa e come votare in aula, allora c’è veramente bisogno di socialismo; perché quando parlo con i giovani ricercatori universitari - che il più della volte sono la vera spina dorsale della nostra ricerca universitaria - e mi dicono arrivano a prendere 1.000 euro al mese allora capisco davvero che c’è molto molto molto bisogno di socialismo!
E’ certo che con questo deprimente motivetto potrei andare avanti per una buona oretta, ma siccome non voglio mandarvi fuori da questa sala in uno stato di depressione psicologica e mentale, quello che mi preme dirvi e ribadire è che noi socialisti, un tempo come ora, abbiamo sempre pensato e creduto nell’idea di uno Stato che è al servizio del cittadino e non viceversa; di un sistema sociale che deve garantire i beni primari come l’istruzione, il lavoro e la sanità e lasciare poi all’individuo la libertà di migliorare la propria condizione sociale - senza prevaricazione sugli altri – e la propria autodeterminazione.
Mi sembra in verità che non ci sia nulla di più moderno e di più attuale!
Se guardiamo intorno a noi, a quel mondo che, dagli anni ’70 con le battaglie sul divorzio e sull’aborto, sembrava avviato verso la progressiva conquista di diritti individuali e collettivi sempre più ampi, ci rendiamo conto che le grandi battaglie sul piano etico si sono fermate quel punto: non si sono fatti più progressi!
Anzi: ci ritroviamo a dover difendere quei diritti che pensavamo acquisiti!
Per questo dunque voglio ribadire con forza ancora una volta il valore profondo dell’idea socialista che sempre ha animato il nostro agire e ci ha permesso di raggiungere obiettivi grandi e fondamentali, ma che non ha affatto esaurito la sua spinta propulsiva.
Se mi consentite un accenno un po’ polemico, io credo che di queste idee si sia appropriato qualcun’ altro, che però non ha avuto né la forza né il coraggio vero di portarle avanti, e questo è sotto gli occhi di tutti. Per questo i valori che ci contraddistinguono e le battaglie che abbiamo vinto devono assolutamente rimanere le fondamenta del nostro essere: rappresentano il nostro DNA e dobbiamo riappropriarcene e portarle avanti, perché chi si è preso il sostantivo socialismo non ne ha fatto buon uso ed è ora che ci riprendiamo il nostro spazio, il nostro orgoglio e la nostra storia.
Il filo conduttore che contraddistingue la tesi di base del congresso che ci apprestiamo a svolgere è la centralità della persona e la necessità di una politica che non sia caratterizzata da giochi di potere, ma da quelle idee e da quelle azioni che possano rispondere in modo concreto alle problematiche.
Cari compagni, con queste premesse è chiaro che il partito socialista non è ancora arrivato al traguardo!!!! La strada che abbiamo davanti è ancora molto lunga e straricca di possibilità di lavoro.
Noi dobbiamo quindi agire perché ciò avvenga, dobbiamo lavorare perché il futuro sia contraddistinto da un percorso politico che miri ad affermare la cultura socialista liberale in Italia e in Europa: cultura e tensione dalla quale ricostruire il sistema politico e democratico Italiano ed Europeo.
Nell’essere consapevole dell’essermi assunta l’onere e l’onore di rappresentare in Regione Emilia Romagna, come consigliere, il mio partito, il partito socialista italiano, vi garantisco ancora una volta tutto il mio impegno e la mia forza nel portare avanti questo progetto, ma altrettanto vi chiedo l’impegno e la costanza nell’intraprendere questo viaggio insieme, perché abbiamo bisogno di tutta l’energia e la motivazione possibile, perché il nostro futuro siamo noi.


  • Una vera, moderna politica a favore delle donne
di Simona Sacchetti


Mi è stato chiesto gentilmente, a cui rispondo con piacere, un contributo al documento che le Donne Socialiste presenteranno al congresso del PSI a Perugia i prossimi 9-10-11 luglio 2010.
Avrei potuto farlo prima parlando della mia città terremotata e bisognosa di tutto visto che ormai noi non serviamo più a fini elettorali, e le luci della scena si sono spente, lasciandoci soli e alle prese con problemi seri come le tasse che dal 1 luglio 2010 siamo tornati a pagare, un’economia completamente inesistente, 20.000 persone in cassa integrazione e una città tutta da ricostruire.
Siamo nella disperazione totale perché oltre alla crisi economica, noi siamo alle prese con un post-sisma che ha fatto vedere le contraddizioni di un modello capitalistico ormai arrivato alla frutta, e la progressiva sparizione di uno Stato Sociale degno di un paese civile e moderno, così come ho sempre considerato l’Italia.
Nell’anno in cui si celebrano i 150 anni dell’unità d’Italia, che poi non sono molti, sono ancora molte le contraddizioni che attraversano il nostro bel paese, a cominciare dalla piaga del lavoro precario, mal pagato, in nero, il peso di essere donne alla nostra epoca e tutte quelle cose che c’erano tal quali 150 anni fa..
Per esempio cosa è cambiato della condizione femminile sui luoghi di lavoro?Ci sono stati miglioramenti?Io dico e li vivo sulla mia pelle, sono pochissimi, apparenti e non c’è nessun tipo di sforzo da parte del legislatore per colmare lacune gravi e non più tollerabili.
Ogni donna sa cosa significhi il sacrificio della vita di tutti i giorni per le cose più semplici, ma proprio dalla notte dei tempi noi siamo abituate a soffrire e sopportare carichi enormi sulle nostre esili spalle; per fare un confronto in natura, siamo come le formiche che pur essendo piccolissime, si incollano dei pesi mostruosi.
Sappiamo della fatica già ai tempi dell’asilo, poi alla scuola elementare, alla scuola superiore, e infine all’università dove ognuna di noi avrà incontrato una serie di professoresse e assistenti abbastanza acide e cattive che in ogni modo hanno cercato di troncarci il percorso, o alla meglio di rendercelo più difficile..personalmente ho trovato forse 2 professoresse tranquille che ti giudicavano solo per quello che sapevi, le altre tutte belve avventate verso altre donne in una sorta di competizione tesa ad escludere e non a condividere.
Abbiamo mai veramente pensato che forse le vere nemiche delle donne sono le donne stesse?Fermiamoci a riflettere su questo, ma comunque non è l’argomento di cui voglio discutere.
Quello di cui voglio discutere, è la difficoltà all’entrata nel mondo del lavoro da parte delle donne, e degli scarsi strumenti di tutela a difesa delle stesse una volta facenti parte di questo mondo pericoloso e nebuloso.
E’ difficile per una donna entrare nel mondo del lavoro, eppure statisticamente i nostri curriculum sono più ricchi e completi di molti uomini, spesso si hanno curriculum con 2 lauree, con dottorati post lauream, con specializzazioni all’estero, con stage aziendali di alto livello..eppure ogni volta che si fa un colloquio, chi ci fa il colloquio ci guarda sempre per vedere dove è la fregatura, con quali mezzi abbiamo ottenuto tutto ciò ecc ecc senza domandarsi quale impegno abbiamo messo noi per ottenere quei risultati. Nella mie ultime letture, ho appreso che circa il 5% del nostro cervello viene utilizzato, mentre il restante 95% rimane pressoché inutilizzato, ed utilizziamo solo la parte razionale, quando da svariati studi in materia si è capito ormai che è la fantasia e l’estro che fanno la differenza, l’emotività e la sensibilità sono le marce in più nella scalata verso il successo. La donna utilizza prevalentemente questo emisfero, quello fatto dai sentimenti e dalle emozioni, che trovano base nella razionalità che anche noi contraddistingue, siamo capaci di pensare e fare più cose contemporaneamente, perché da sempre a noi è stato delegato il fardello più pesante, e cioè la crescita e l’educazione della famiglia, con tutte le responsabilità che ne conseguono.
Ciò che mi lascia perplessa è la totale incomprensione di questa grande capacità da parte delle aziende e degli enti pubblici, che ci vedono soltanto come un peso per via della straordinaria capacità di avere dei figli; ci vedono come centri di costo e non come centri di ricavo, quindi tutte le manovre e le misure aziendali sono fortemente anti-donna.
Pensiamo all’ultima impopolare uscita del ministro Gelmini a proposito del periodo di comporto post maternità e della totale inutilità dello stesso secondo le parole del ministro nonché neomamma; ma questo ci ha insegnato il berlusconismo, ci dobbiamo vergognare della capacità di avere delle maternità e di essere madri?Voglio essere di sinistra, e voglio rimanere socialista.
Oppure pensiamo alle famose lettere di dimissioni in bianco, firmate dalle lavoratrici sotto ricatto dei datori di lavoro, che in caso di maternità verranno presentate; oppure alle donne con famiglia e figli che rimangono disoccupate e  a cui la legislazione, dà poco o nulla rispetto ad altre situazioni. Oppure alla difficoltà del rientro nei posti di lavoro per le donne che lasciano per un periodo per la cura necessaria dei loro figli.
Sono tutte misure che in un paese civile e democratico, oltre che moderno non si possono più tollerare.
Guardiamo alle aziende. Ebbene, se io fossi un legislatore, farei in modo di dare degli sgravi fiscali alle aziende che creano all’interno degli asili nido, scuole per l’infanzia perché una madre che è sgravata dal peso di dove lasciare il proprio figlio e di come sarà curato e trattato, rende molto di più di una donna stressata che non sa come e dove lasciare il proprio figlio piccolo. Ci troviamo in un’epoca dove l’età pensionabile si è allungata anche per le donne quindi non è più possibile lasciare i propri figli alle proprie madri, perché il più delle volte ancora lavorano; così si entra nel circolo vizioso delle baby-sistter, degli asili privati, tutti strumenti necessari ma che costano parecchio e che vista la crisi economica di oggi, non tutti si possono permettere. Così dopo tanti ed enormi sacrifici, una donna il più delle volte deve lasciare il lavoro per poter accudire la propria famiglia, generando il pensiero che la maternità non è più un piacere, ma un castigo visto a tutto ciò che comporta.
La proposta di un moderno, e riformista Partito Socialista Italiano, deve essere quello di promuovere la cultura, la preparazione e doing better delle donne, smontare giorno per giorno la tesi che donna è uguale a danno.
Sgravi fiscali per aziende che assumono una quota di donna non inferiore al 40%, la stessa filosofia che anima la discussione all’interno del nostro partito, deve uscire fuori e pervadere ogni singola cellula del nostro vivere quotidiano. Sgravi fiscali per aziende che all’interno delle loro sedi impiantino asili nido e scuole per l’infanzia con personale qualificato, si è dimostrato con le migliori tesi di organizzazione aziendale, quanto possa rendere di più in termini di profitto un lavoratore soddisfatto, immaginate quanto potrebbe far risparmiare l’azienda la non assenza della donna sul posto di lavoro che per la maggior parte dei casi è dovuta ai figli; incentivi per le madri che sono poco assenteiste dal posto di lavoro, proprio in virtù delle misure descritte sopra riguardanti gli asili.
Questo è un paese civile e moderno, quello che mette in atto misure reali per equiparare l’uomo e la donna, perché se un’entità superiore ci ha fatto diversi, non vuol dire che siamo in competizione e che un genere sia inferiore all’altro, ma perché è necessaria la cooperazione e il fare gruppo, tra uomini e donne.
In quest’ottica il Partito Socialista Italiano deve fare in modo che venga progressivamente cambiato il linguaggio politico, e non permettere che ogni giorno di più si diventi androgini senza nessuna differenza di sesso, cultura, e tradizioni. Essere donna è una ricchezza, un valore aggiunto.

  • Alternative e trasversalità
di Margherita Torrio Forum Donne Socialiste Basilicata
  In Basilicata la situazione occupazionale è molto complessa. Ai 6000 posti in meno ( il 10% secondo dati ISTAT) di lavoratori,denunciati nel primo trimestre, si aggiungono i dati continuamente aggiornati, in negativo, sulla cassa integrazione, in mobilità e comunque fuori della produzione. Questo dato investe tutti i settori da agricoltura a servizi, industriali . Cassa integrazione straordinaria nell’ultimo anno in Basilicata ai primi posti con Abruzzo e Lombardia, con il 14% in più rispetto al 2009 allo stesso mese di maggio 2009 ed aumento della cassa in deroga. Situazione economica che vede nelle aziende, presenti sul territorio, serie difficoltà. In difficoltà sono la Ferrero che impiega in maggior parte donne, Barilla, Mitica Food di Melfi ( bilancio normale ma sfruttano il contratto di solidarietà, i lavoratori hanno accettato riduzione di orario per continuare a lavorare tutti), Mister Day( ex Parmalat poi Vicenzi da subito in crisi appena acquisito il marchio), Raggio di sole (mangimi) Melfi. Per quanto riguarda le acque minerali, la Gaudianello , Cutolo sono in grosse difficoltà per milioni di debiti con lo stato e con i fornitori( al momento ha affittato capannoni alla multi che gestisce la Traficante); Ital Tractor ,ora multinazionale, fa ormai scelte che non rispondono ai territori; Sider Potenza è in cassa integrazione. Le fabbriche dell’indotto SATA non sono più garantite; gli esempi di Termini Imerese e di Pomigliano rappresentano un ulteriore motivo di preoccupazione. Seguono gli esempi di Mondial Piston; della Daramic batterie a Tito. Per il settore tessile, dopo Vitalba è in crisi Zucchi in attesa di un progetto di reindustrializzazione. La edilizia pubblica è ferma. La edilizia privata trova compratori con difficoltà per gli alti prezzi. Il lavoro è stato garantito sino a questo momento dagli incentivi per le ristrutturazioni. Anche AGILE, settore servizi (call center), è continuamente in discussione. Per l’occupazione nel penultimo trimestre 2009 +10% disoccupati. Nell’ultimo anno molti disoccupati sono scoraggiati e non si iscrivono alle liste circa +2% (soprattutto nel femminile?) che si vanno ad aggiungere ai 6000. L’ agricoltura si alimenta del sommerso, dei contributi, dell’assenteismo in fabbrica di tipo stagionale. Ex area mobile imbottito : laboratori tutti al nero- subfornitura dentro la filiera industriale fa il paio con il fatto che si abbassa il tasso di attività donne e giovani, che sono i più colpiti (lo rilevano ancora i dati ISTAT) . Natuzzi chiede cassa integrazione straordinaria per 1400 dipendenti ( cui si aggiunge la richiesta di un taglio delle retribuzioni del 30% per l’amministratore delegato e del 20%per il top management). Ne consegue aumento del lavoro nero soprattutto nella industria soprattutto nella piccola e piccolissima impresa. Conseguenze sociali: decresce ulteriormente il numero degli abitanti in età dai 16 ai 64. Forte riduzione del reddito. I dati vengono , giorno dopo giorno, aggiornati in negativo. La nuova manovra economica, la legge sul federalismo, porranno nuove questioni. Già questo produce scollamento e disamoramento dalla politica cosa che impedisce anche il rigenerarsi delle istituzioni e della politica.La Regione o è in attesa di piani di reindustrializzazione con incentivi a investitori da fuori, mancando assolutamente una iniziativa imprenditoriale locale o attende ricorso ad ammortizzatori sociali e mobilità.Sono necessarie specifiche regole, controlli, collegamento fra gli interventi. Tutto questo ha un riscontro in una situazione ben più ampia della nostra regione. La crisi delle istituzioni politiche attraversa l’ Italia, rivela l’inadeguatezza dei suoi dirigenti e di un sistema non in grado di gestire i profondi cambiamenti culturali della società italiana. Il messaggio che viene trasmesso al cittadino è inequivocabile: indica che piuttosto che con la politica si ha di fronte l’esercizio del potere acquisito e gestito per costruire altro potere. Il problema è acuito e non risolto dal sistema bipolare, dal maggioritario, oltre che dalla legge elettorale a livello nazionale.I Partiti nascono e muoiono come un vestito fatto apposta. E’ intervenuto un linguaggio segno di una logica e di una dimensione aziendalistiche che tende a far leggere il risultato come premio concesso a chi ha lavorato bene per l’azienda e/o per ottenere un posto riservato in prima fila grazie al rapporto privilegiato con il potente di turno. Prima c’erano i signori delle tessere ora i signori di un qualche partito. Più deleterio il linguaggio usato a proposito della presenza femminile. Cosa si fa, invece, per far crescere le nostre popolazioni? Per far crescere il livello e la capacità critica? La capacità di selezionare e far crescere a sua volta una classe dirigente che sappia portare avanti un processo di questo genere? Altrettanto vale per la nostra regione. Segno dello stato dei partiti e della inadeguatezza a misurarsi con il territorio è la scarsa presenza femminile o la sua sottovalutazione di quante si cimentino con la politica. Per quanto riguarda la Basilicata, abbiamo raccolto i dati sulla presenza di signore, giovani donne, nelle liste elettorali e sui risultati conseguiti. Non c’erano donne SE NON IN MINIMA PARTE. Nessuna di queste è entrata in Consiglio. E’ un segnale di regressione , di fatto, della partecipazione femminile e giovanile. Il fatto che intelligenze e competenze femminili non siano presenti e non siano valorizzate è un ulteriore grave segno dello scollamento tra il palazzo e i cittadini; la partecipazione è mortificata dal fatto che si assiste a cambiamenti delle regole del gioco in corso di partita, a seconda degli interessi e delle contrattazioni che avvengono dietro le quinte. Se guardiamo al caso Basilicata , la composizione della giunta , più che rispondere ad una scelta di modernizzazione, di coinvolgimento della società civile, etc., sembra dettata da decisioni prese intorno ad un tavolo di trattativa ristretto e che non ha tenuto conto dei voti espressi ma delle logiche di redistribuzione all’interno dei gruppi di potere di centro, usciti dal PD ma ancora determinanti, e delle logiche di pressione dell’IdV. Anche gli elettori comunicano e mandano dei messaggi. Astensionismo schede bianche schede nulle voto disgiunto. Vogliamo ignorare questi messaggi? Possiamo farlo. Con il risultato inesorabile di perdere i centri dove la popolazione ha un margine anche se minimo di votare /non votare come e per chi preferisca, dove si sente meno controllato o ha la opportunità, qualunque essa sia, di esprimere un voto senza cedere ai condizionamenti quando non siano pressioni. Assenteismo nelle consultazioni elettorali, disaffezione dell’elettorato, disinteresse per il dibattito politico, sono i sintomi più evidenti di una crisi, per la quale non è stata trovata una soluzione adeguata. In questo quadro , si pone la necessità storica di costruire per dare riferimenti di aggregazione e di rilancio della sinistra in Italia. La crisi politica che il nostro paese sta vivendo, ha di molto soffocato iniziative e associazionismo. Tuttavia, lì dove i partiti, o quel che rimane di essi, da soli non rispondono alle esigenze di partecipazione democratica e politica delle donne, se le trasformazioni di una politica sempre più dimensionata in termini assoluti di gestione del potere, limitano la nostra partecipazione, continueremo a dare il nostro contributo attraverso reti e relazioni che vadano al di là dei singoli partiti ed in modo trasversale. Pertanto, tenendo presente quanto stabilito a livello europeo ed i problemi specifici nel territorio, il Forum delle donne socialiste di Basilicata (aperto alle donne di ogni provenienza culturale e politica), si è attivato in iniziative con amiche e compagne de altre aree del centro sinistra e con quante siano disposte ad un confronto . Ci siamo poste nella prospettiva di lavorare in termini di • laboratorio di ricerca che garantisce margini di scelta di criteri di decodifica, insieme per una ricerca sperimentale di agibilità politica e di alternative e trasversalità. Ipotesi di muoverci seguendo nuovi percorsi di intervento e di relazione trasversale. • promuovere la presenza delle donne nei partiti, in politica e nelle professioni. • Siamo confortate in questo da una antica tradizione che dal ’43 vide , proprio qui in Basilicata, le donne socialiste e comuniste organizzarsi per dare vita insieme alle sezioni locali dell’UDI. Quella esperienza che nessuna di noi ha vissuto direttamente per ovvi motivi anagrafici fu riproposta e rinvigorita nel 1973/74.Il nostro partito continua a vivere una stagione di enorme sofferenza. Le donne possono contribuire ad un suo rilancio. Bisognerà intendersi sul metodo e sul senso. Non sono questioni di genere quelle che riguardano: Lavoro , Nascita, Difesa Della Legge 194 , Proposte D’intervento contro maltrattamenti e violenze nei confronti delle donne e minori , Scuola , Vivibilita’ e protagonismo dei cittadini nelle nostre città pur nel loro sviluppo (Potenza Melfi Matera) sicurezza,spaccio, alcool, degrado di alcune zone delle nostre città, LAICITA’. Noi insistiamo sulla volontà di intervenire e partecipare su tutto questo e su rinnovata questione meridionale. Federalismo, costi della politica , abolizione delle provincie, proposta economica, il turismo come sviluppo economico, ambiente e energie alternative,questione dell’acqua. Comunque con un’ apertura su tutte le questioni che sarà necessario affrontare compresa quella relativa allo statuto regionale e legge elettorale. Non le donne alle pari opportunità, ma pari opportunità alle donne nella partecipazione, nel lavoro e nella gestione, nel PSI e nei partiti di appartenenza, su tutte le questioni che sarà necessario affrontare. Per questo abbiamo bisogno, a livello locale, di valorizzare le potenzialità del partito e la risposta ottenuta in termini di voti; a livello di centro sinistra, di rapportarci da subito in modo articolato, organico e ben strutturato ( congresso regionale trasparente ed immediato). In questo quadro, si pone la necessità storica di costruire per dare riferimenti di aggregazione e di rilancio della sinistra in Italia. Pensiamo ad un confronto politico culturale, aperto e leale, per costruire un progetto politico nuovo nelle proposte, nei metodi, nei programmi, nelle strategie, un progetto che per noi ha radici profonde e salde, quelle del socialismo, interpretato in chiave moderna, in grado di formulare risposte concrete, per la soluzione dei problemi della gente. Valorizzando il patrimonio ideale bisogna costruire un progetto in grado di opporsi alle destre del paese, senza logiche ad escludendum. Riavviamo gruppi di lavoro in modo trasversale fra le forze di centro sinistra e con quanti sia possibile misurarci su un terreno comune e su un linguaggio più trasparente e verisimili . Abbiamo imparato a prendere atto che non viene valorizzata la nostra partecipazione ed attività non perché siamo donne, o come diceva un carissimo compagno, perché non abbiamo competenze o peggio perché preferiamo stare a casa , ma perché rompiamo con la nostra presenza equilibri e patteggiamenti , mere questioni di gestione e distribuzione dei premi ed incentivazioni che nella strutturazione delle maggioranze i contraenti si garantiscono; malgrado ciò, anzi incentivate da ciò, continuiamo invece a dare il nostro contributo a questo partito ed alla società nella quale viviamo, pur selezionando modi e opportunità del nostro impegno. Perché porci questi problemi? perchè i messaggi che riceviamo sono sempre più inquietanti. Dobbiamo non solo resistere ma darci obiettivi a breve termine perché a medio e lungo ci siano effetti concreti. Fra questi obiettivi secondo la V conferenza mondiale pechino+ una presenza significativa di persone donne è in grado di trasformare l’universo simbolico maschile introducendo modi di pensare, linguaggi competenze , risorse che arricchiscono e compensano

  • Donne e Lavoro 
di Giuliana Paladini
    Relegare il mondo e l'universo delle donne ad una statistica o ad una percentuale lavorativa equivale a dire che l'unico, o almeno, il principale apporto che esse sono in grado di dare al mondo del lavoro è solamente di natura tecnico- economica. La presenza, o peggio ancora, l'assenza delle donne dal mondo del lavoro deve essere visto, innanzi tutto, come un avanzamento o una regressione culturale della società. Le donne nel mondo del lavoro sono innanzi tutto frutto di una svolta culturale della società. La società di oggi è frutto di un percorso che dura da secoli.Le prime forme di società si sono affermate grazie al combattimento e alla violenza.Il binomio maggiore capacità di combattere, maggiore potere sociale, hanno determinato l'affermarsi di persone, all'interno di di famiglie o clan, che poi hanno preso il sopravvento sugli altri, barattando il potere con la possibilità di difendere i più deboli. In questo scambio, quelle che ne sono uscite maggiormente penalizzate, sono state le donne.La loro vulnerabilità fisica le ha relegate, fin dall'antichità, nascoste in fondo alla caverna o nelle stanze più remote dei palazzi, insieme ai figli. Certamente il mondo è andato avanti perché gli uomini combattevano, ma la specie è sopravvissuta perché le donne hanno difeso, nascosto e protetto i cuccioli della specie. Senza questa salvaguardia, la specie umana si sarebbe estinta dopo qualche combattimento. E' vero che nel corso della storia dell'uomo, accanto alla cultura della lotta per la sopravvivenza, si è affiancata anche la cultura nel senso più comune del termine. Ma anche da questa la donna è stata esclusa. Salvo rare eccezioni, la storia per fortuna ci consegna sempre qualche eccezione, la donna ha vissuto con sofferenza e dignità il ruolo impostole dalla società sua contemporanea. E così siamo andati avanti per secoli e millenni. Sei , settemila anni di storia hanno stampato e imposto un modello culturale femminile che, pur nella sua ovvia evoluzione temporale, è nel DNA di quasi i 2/3 degli abitanti del Pianeta. La differenza di genere è prevalsa, prevale e prevarrà ancora, speriamo per pochi secoli ormai. Quando nel 1868 il Congresso degli USA dovette decidere di allargare il voto, decise di darlo alla popolazione nera, che erano si ex schiavi , anzi per quasi tutti ANCORA schiavi e inferiori, ma pur sempre uomini e quindi meno inferiori delle donne. Solo uno Stato l'anno successivo lo concesse alle donne, per il suffragio universale dovremo aspettare il 1918. Scendiamo in paesi più vicini a noi, nella civilissima e pulitissima Svizzera il suffragio universale risale al 1971, con un referendum. Pensare quindi che millenni di storia possano essere cancellati da qualche decennio o, peggio ancora, qualche anno di lotta femminista, vuol dire non riuscire a vedere la storia della donna all'interno del suo intero arco temporale. Per questo quanto accaduto di recente in Finlandia o in Germania è il frutto di un lungo percorso politico e culturale di politiche mirate alla persona e ai suoi diritti. Si, perché prima di essere uomini e donne siamo innanzi tutto persone. In Italia questo cammino è molto indietro, innanzi tutto per la cultura cattolica che domina la nostra società, come ammettiamo che l'etica protestante ha indirizzato i Paesi con questa fede, perché non dobbiamo ammetterlo per l'Italia? Ancora oggi abbiamo professioni off limits per le donne (autiste/camioniste, donne ingegneri e via discorrendo) m, paradossalmente, abbiamo professioni off limits per gli uomini, patrimonio culturale e lavorativo quasi esclusivo delle donne: educatori per asilo nido o per la scuola dell'infanzia. Ma il numero è limitato anche per la scuola primaria e il primo ciclo della secondaria: dobbiamo aspettare il secondo ciclo della secondaria per avere una presenza maschile più determinante. Non sono questi tutti fattori culturali specchio di una società disallineata? In fondo quale è la differenza, quando regaliamo ad una bambina una Barbie, quindi un prototipo di donna, con le bambole vestite da suora, regalate alla povera Gertrude, di manzoniana memoria al fine di indurla, con un perfido messaggio subliminale, a farsi suora una volta grande? Niente, inculchiamo modelli. E da qui nasce la sconfitta del femminismo: aver trasformato un grande messaggio culturale, che poteva realmente cambiare qualcosa, in una becera overdose di slogan. Certamente ridurre tutta la questione delle donne ad un messaggio culturale è come dire che risolverà tutto la fata buona di Cenerentola, senza una analisi economica non può stare in piedi. Ma ridurre l'impatto delle donne nel mondo del lavoro, vuol dire imprigionarle in una analisi di marxiana memoria che non sposta poi di molto le coscienze del singolo. Che le donne siano fondamentali per la crescita del PIL è indubbio, lo avevano capito benissimo anche ai tempi della Rivoluzione industriale. Ma perché questo innalzamento del PIL sia significativo, deve diventare stabile e questo può avvenire solo con un processo di stabilizzazione culturale. Economia e cultura insieme per una sintesi nuova si, separate l'una dall'altra portano solo a due visioni parziali, sfuocate, fragili e, quindi, facilmente attaccabili da culture conservatrici che non vedono la necessità di dare nuovi spazi di lavoro e nuove strutture a sostegno della famiglia e della donna che lavora, in fondo in tutta Italia, da qualche parte c'è sempre un piccolo asilo cattolico gestito dalla suore che offre servizi flessibili, con costi tutto sommato abbastanza contenuti e che servono solo a tenere la donna solo qualche ora fuori casa. 
    di Maria Squarcione  
    Il dibattito congressuale di un partito socialista, laico e progressista non può prescindere dalla riflessione specifica e dall'assunzione programmatica di un impegno inderogabile nei confronti dei temi della parità di genere. Tra i quali, a giudizio dell’ISTAT, ce n’è uno particolarmente urgente: quello del lavoro. Nel 2009 il tasso di occupazione femminile in Italia si è attestato al 46,1%, a fronte di quello maschile che è del 67,6%. In numeri assoluti, dunque, gli uomini occupati sono 13 milioni e 613 mila, mentre le donne 9 milioni e 218 mila, cifre ben distanti da quel 60%, entro il 2010, che era l'obbiettivo comunitario, stabilito dalla strategia di Lisbona. In particolare, il numero di donne occupate nel sud è pari al 30,6%, dove peraltro il divario occupazionale tra i generi aumenta, e il numero delle donne inattive - cioè che non studiano e non lavorano in un'età compresa fra i 15 e i 64 anni - è di 9 milioni e 679 mila, pari al 45,8%, come media nazionale. Dati perfettamente congruenti con quelli OCSE, che vedono l'Italia ben al di sotto del 50% di occupazione femminile, meglio solo di Turchia e Messico, e ancora molto lontana dalla media europea che è del 62%. D’altronde, già nel 2008, uno studio italiano sulla questione aveva confermato questa come l’emergenza fra tutti i temi legati al genere: «Da anni l'Italia cresce poco o nulla. Cresce poco dal punto di vista economico e cresce ancora meno dal punto di vista demografico (soprattutto se escludiamo l'immigrazione). I due fenomeni sono già adesso collegati. Ma lo saranno ancora di più in futuro: una società "vecchia" non ha i muscoli per correre, per tenere il passo con società più giovani e dinamiche. Al fine di rilanciare la crescita dell'Italia si possono e si devono fare molte cose: liberalizzazioni, mercati più efficienti, un fisco più leggero per imprese e lavoratori, più incentivi per ricerca e innovazione, più sostegno per i figli e così via. Ma c'è una cosa forse più importante e più urgente su cui puntare: il lavoro delle donne. Per far ripartire l'Italia, si deve "far largo alle donne", dare più spazio alle loro aspirazioni, ai loro talenti, ai loro bisogni. Senza le donne l'Italia non può tornare a crescere, soprattutto a crescere bene». Così Maurizio Ferrera, docente di Teoria e politiche dello stato sociale all'Università di Milano, nel suo libro "Il fattore D". Affermare la necessità di riequilibrare con urgenza l'occupazione femminile non coincide solo con l'affermazione di un principio di equità e giustizia, bensì anche con una valutazione più squisitamente economica, che investe il rilancio dell'intera nazione. Il primo aspetto - l'equità e la giustizia - è garantito e tutelato dalla Costituzione Italiana, nell'art. 37: «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e a parità di lavoro le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale, adeguata protezione». Articolo che non solo sancisce l'uguaglianza dei diritti tra uomo e donna - «senza distinzione di sesso», come sottolinea già l'art.3 - ma stabilisce anche la parità delle condizioni di accesso alle opportunità e di trattamento, nonché la funzione sociale della maternità. Il secondo aspetto, cioè quello più prettamente economico, che vede nel rilancio dell’occupazione femminile un volano per la crescita dell’intera società, viene confermato invece dall’osservazione dell’esperienza di molte società europee: dall’Olanda alla Svezia, dalla Gran Bretagna alla Francia. L’esperienza europea ci conferma che inserire più donne nel mercato del lavoro ha coinciso con un aumento dei servizi alle famiglie e dei servizi in generale, cioè con un’espansione del terziario avanzato o, con altra espressione, dell’artigianato terziario; l’esperienza americana ed europea, francese in particolare, ci conferma inoltre che abbattere il “soffitto di cristallo” ha significato non solo l’emersione di talenti “rosa”, che hanno prodotto risultati positivi rispetto a numerosi indicatori di performances aziendali, ma anche un considerevole aumento dell’attrazione di consumi femminili. Insomma, guardando all’esperienza dei paesi anglosassoni, di quelli del nord Europa, e della Francia in particolare, emerge che favorire l’immissione delle donne nel mercato, a tutti i livelli, provoca una serie di circoli virtuosi che generano più crescita e più benessere. Inoltre, secondo la “Womenomics” - cioè il recente orientamento strutturale delle società occidentali avanzate, come quella statunitense e nipponica, che promuove un’agenda di trasformazioni economiche, sociali e culturali per specifiche misure a favore del protagonismo femminile nell’economia, ai fini del conseguimento di alti livelli di sviluppo e prosperità dell’intera società - l’occupazione femminile fa bene alla crescita, rende le donne più soddisfatte e le famiglie più stabili. Ciò implica che, con lo sviluppo dei servizi alla persona e alla famiglia, anche il tasso di natalità aumenta, come dimostrano indagini empiriche condotte in società europee come la Francia. Ne consegue che l ’Italia, con il suo livello di disoccupazione femminile, soprattutto nel sud, è detentrice di un enorme serbatoio di sviluppo e, quindi, di un grande potenziale di crescita demografico ed economico, nonché sociale e culturale. Un partito che si definisce progressista e laico, non può che essere orientato alla modernità e a favorire tutte le dinamiche e i circuiti virtuosi per la crescita e lo sviluppo, oltre che a garantire e tutelare elementari principi di giustizia. E’ per questo motivo che il Partito Socialista Italiano, in questo Congresso, non può che prendere un impegno per la promozione di un “Piano nazionale per i servizi alla persona” che preveda una serie di misure volte ad abbattere definitivamente gli ostacoli strutturali alla crescita dell’occupazione femminile e al suo miglioramento, tramite l’eliminazione di qualsiasi “soffitto”. Il “Piano”così, risulterebbe non solo un valido strumento per la crescita economica di una Nazione dinamica, che non andrebbe più “a due velocità”, ma sarebbe altresì propedeutico all’altra “battaglia” che programmaticamente questo partito dovrebbe affrontare e porre tra le sue priorità: l’applicazione dell’art. 49 della Costituzione, ovvero la trasformazione dei partiti in organismi definitivamente democratici. L’attestazione di regole certe e chiare stabilite in statuti dovrebbe prevedere anche l’affermazione concreta della possibilità di partecipazione massiccia delle donne alla vita politica del Paese, che sarebbe un passo fondamentale per la costruzione di una cultura e di una politica realmente progressiva e avanzata. Senza interventi strutturali però questo non sarà possibile, a dispetto di qualsiasi dichiarazione di principio. Dunque, in tutti i settori della società – dall’economia alla politica – E’ TEMPO DI DONNE. I partiti socialisti europei lo sanno e contribuiscono a promuovere politiche volte alla loro affermazione; è fondamentale per la Nazione che questo congresso sancisca pubblicamente che anche il Partito Socialista Italiano ne è consapevole e che è la prima forza italiana che ne farà una parola d’ordine per la propria azione politica per il bene del Socialismo e dell’Italia. Se vogliamo far sentire la nostra voce al Congresso, sottoscriviamo.