Quanto l'autismo delle istituzioni sia la malattia più diffusa della politica italiana ce lo conferma il risultato elettorale: nel Lazio, tra gli eletti del centro sinistra, non si sono viste né molte facce nuove, né molte donne. Anzi, quasi nessuna.
Il che significa che le donne, quando si sono impegnate, hanno fatto campagna elettorale per gli uomini e soprattutto non hanno sostenuto le donne alle quali, evidentemente, a parte rarissimi casi, non viene data alcuna possibilità di crescere politicamente. Il partito socialista non ha fatto eccezione a questa che sembra una regola generale della politica della nazione - il Lazio, con le sue candidature femminili a presidente fa caso a sé - anche se si è dimostrato sensibile al problema, grazie alle raccomandazioni del suo segretario nazionale, che tra le priorità del mandato agli eletti ha annoverato appunto l'equità di genere.
Ma evidentemente non basta. Non basta smentire pubblicamente sedicenti organizzazioni femminili che appoggiano candidature maschili e spariscono alle proprie referenti naturali - le candidate donne - proprio in occasione delle elezioni, riducendo la politica di genere a qualche noterella di augurio su facebook; non basta denunciare atteggiamenti palesemente ostili nei confronti delle donne che onestamente perseguono un impegno politico e che vengono pubblicamente dileggiate, anche sul piano personale, quando denunciano questo stato di cose.
Bisogna dunque ripartire dal lodevole impegno dichiarato dal segretario socialista e passare, come si dice, dalla protesta alla proposta.
L'alternativa, per le donne, per farle uscire da questo stallo, non può più essere evidentemente un vetero femminismo di maniera, fatto di bolsa retorica, utilizzato spesso da alcune donne stesse per solidificare ancora di più quel soffitto di cristallo, di cui sono prontissime a lamentarsi al bisogno, ma ritengo sia l'acquisizione di un metodo di pensiero e di lavoro che si concretizza nell'attività di lobbying.
Come si sa, in Italia, l'azione di gruppi di pressione e di interesse si declina più come fattore corporativo e "para-mafioso", piuttosto che come un insostituibile e addirittura costitutivo procedimento proprio di regimi democratici, che molto ha a che fare con la tutela di legittimi interessi e la realizzazione di un reale decentramento democratico. L'azione di lobbying, intesa non solo come forma di autotutela, ma come fattore propulsivo di miglioramento delle dinamiche sociali che la investono, viene favorita, in generale, dal decentramento del potere, dall'assunzione di procedure volte alla trasparenza, all'efficienza e alla responsabilità. Tutto ciò di cui le donne nel loro rapporto con la società italiana hanno un forte bisogno. Tutto ciò di cui la società italiana nel suo rapporto con le donne ha bisogno.
L'azione del "gruppo di pressione" può essere in grado di tradurre lo stesso orientamento al mainstreaming, che rappresenta una ormai consolidata prassi europea, che prevede che tutta la società concorra alla parità di genere, sancendo così il definitivo tramonto delle sia pur necessarie, ma sorpassate politiche di genere ispirate al protezionismo, come quelle relative alle quote. Il lobbismo dunque, fondato com'è sulla comunicazione e sulla trasparenza, potrebbe favorire il decisivo passaggio da un'azione rivolta ALLE donne - a cui anche il mainstreaming è parzialmente ispirato -ad un'azione DELLE donne, della quale esse potrebbero essere totalmente e assolutamente protagoniste, secondo una modalità che le metterebbe in relazione, da attrici appunto, con la società intera.
Dunque, il problema è propriamente culturale, perché una sana attività di lobbying, come quella di fundraising, ad esempio, si oppone al moralismo e al giustizialismo in egual misura, ponendo le condizioni anche per un ampliamento della sfera politica e pubblica. Le donne possono efficacemente diventare protagoniste di questo rinnovamento di cui tutti potrebbero giovarsi, a patto che abbandonino definitivamente le abitudini della politicuccia truffaldina ed egoistica a cui troppo spesso ancora oggi si ispirano.
Il che significa che le donne, quando si sono impegnate, hanno fatto campagna elettorale per gli uomini e soprattutto non hanno sostenuto le donne alle quali, evidentemente, a parte rarissimi casi, non viene data alcuna possibilità di crescere politicamente. Il partito socialista non ha fatto eccezione a questa che sembra una regola generale della politica della nazione - il Lazio, con le sue candidature femminili a presidente fa caso a sé - anche se si è dimostrato sensibile al problema, grazie alle raccomandazioni del suo segretario nazionale, che tra le priorità del mandato agli eletti ha annoverato appunto l'equità di genere.
Ma evidentemente non basta. Non basta smentire pubblicamente sedicenti organizzazioni femminili che appoggiano candidature maschili e spariscono alle proprie referenti naturali - le candidate donne - proprio in occasione delle elezioni, riducendo la politica di genere a qualche noterella di augurio su facebook; non basta denunciare atteggiamenti palesemente ostili nei confronti delle donne che onestamente perseguono un impegno politico e che vengono pubblicamente dileggiate, anche sul piano personale, quando denunciano questo stato di cose.
Bisogna dunque ripartire dal lodevole impegno dichiarato dal segretario socialista e passare, come si dice, dalla protesta alla proposta.
L'alternativa, per le donne, per farle uscire da questo stallo, non può più essere evidentemente un vetero femminismo di maniera, fatto di bolsa retorica, utilizzato spesso da alcune donne stesse per solidificare ancora di più quel soffitto di cristallo, di cui sono prontissime a lamentarsi al bisogno, ma ritengo sia l'acquisizione di un metodo di pensiero e di lavoro che si concretizza nell'attività di lobbying.
Come si sa, in Italia, l'azione di gruppi di pressione e di interesse si declina più come fattore corporativo e "para-mafioso", piuttosto che come un insostituibile e addirittura costitutivo procedimento proprio di regimi democratici, che molto ha a che fare con la tutela di legittimi interessi e la realizzazione di un reale decentramento democratico. L'azione di lobbying, intesa non solo come forma di autotutela, ma come fattore propulsivo di miglioramento delle dinamiche sociali che la investono, viene favorita, in generale, dal decentramento del potere, dall'assunzione di procedure volte alla trasparenza, all'efficienza e alla responsabilità. Tutto ciò di cui le donne nel loro rapporto con la società italiana hanno un forte bisogno. Tutto ciò di cui la società italiana nel suo rapporto con le donne ha bisogno.
L'azione del "gruppo di pressione" può essere in grado di tradurre lo stesso orientamento al mainstreaming, che rappresenta una ormai consolidata prassi europea, che prevede che tutta la società concorra alla parità di genere, sancendo così il definitivo tramonto delle sia pur necessarie, ma sorpassate politiche di genere ispirate al protezionismo, come quelle relative alle quote. Il lobbismo dunque, fondato com'è sulla comunicazione e sulla trasparenza, potrebbe favorire il decisivo passaggio da un'azione rivolta ALLE donne - a cui anche il mainstreaming è parzialmente ispirato -ad un'azione DELLE donne, della quale esse potrebbero essere totalmente e assolutamente protagoniste, secondo una modalità che le metterebbe in relazione, da attrici appunto, con la società intera.
Dunque, il problema è propriamente culturale, perché una sana attività di lobbying, come quella di fundraising, ad esempio, si oppone al moralismo e al giustizialismo in egual misura, ponendo le condizioni anche per un ampliamento della sfera politica e pubblica. Le donne possono efficacemente diventare protagoniste di questo rinnovamento di cui tutti potrebbero giovarsi, a patto che abbandonino definitivamente le abitudini della politicuccia truffaldina ed egoistica a cui troppo spesso ancora oggi si ispirano.
Nessun commento:
Posta un commento