In pensione a 65 anni, lo chiede l'Europa. Noi chiediamo gli stessi diritti delle altre donne europee

A partire dal 1 Gennaio 2012 anche in Italia le donne, nel settore pubblico, andranno in pensione a 65 anni come gli uomini. È quanto ha stabilito oggi il Consiglio dei Ministri, accogliendo le sollecitazioni europee in materia di parità di trattamento fra uomini e donne in campo pensionistico. Il Governo pare si sia dimenticato, però, che prima di pensare alle pensioni bisognerebbe parificare, coerentemente e finalmente, anche in Italia, le condizioni di lavoro, retributive e di carriera fra uomini e donne. Ma soprattutto bisognerebbe decidersi a garantire - anche nel “Bel Paese” - quei servizi sociali, di assistenza all’infanzia, alle famiglie, agli anziani, ai disabili e alle fasce più deboli che - già presenti e diffusi in molti altri Stati membri - sono stati all’origine dell’emancipazione di molte donne europee.
Queste “debolezze” gravano ancora, invece, e pesantemente, come “lavoro invisibile” sulle donne italiane, che sono il vero “ammortizzatore sociale” del Paese. Il furto di tempo, energie e risorse che ne deriva, è una delle prime cause della loro condizione di perdurante disuguaglianza nei settori strategici della partecipazione alla vita pubblica, politica, economica e sociale. Ancor di più è un furto di risorse per l’intera società italiana, che ancora oggi, e in un momento di grave crisi, pensa di poter andare avanti sacrificando molti dei suoi migliori talenti e professionalità: quasi il 50% della popolazione attiva, di cui la stragrande maggioranza è costituita da donne.
Ci volete europee? Volentieri, ne saremmo davvero felici! A condizione che si parta dai diritti, dalle politiche di uguaglianza e di inclusione sociale, politica ed economica, ovvero, dal riassetto in senso paritario dello Stato sociale. Questo significa per noi essere, finalmente, “cittadine europee”.
Il “Fondo Sociale dedicato alle donne”, chiesto e ottenuto dalla Ministra per le Pari Opportunità, è l’ennesima misura estemporanea, provvisoria e, pertanto, insufficiente e inadeguata a sopperire, nel nostro sistema, alla mancanza di politiche sociali strutturali di uguaglianza, in definitiva, di un vero Stato Sociale.
Ringraziamo, ma non è più tempo di “contentini”.

ANNA FALCONE
Responsabile Nazionale Pari Opportunità
Partito Socialista Italiano

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