L'Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul Lavoro
L’art. 1 comma 1 della Costituzione italiana così recita: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
In occasione dell’anniversario del Referendum del 2 giugno 1946, mi chiedo come questo principio fondamentale della Carta sia percepito dagli italiani e se il suo valore semantico si sia modificato nel tempo.
Non voglio creare una sterile e, probabilmente, retorica polemica, ma questo articolo rappresenta la base della vita pubblica, ma anche privata di ciascun italiano. Troppo spesso, però, i cittadini stessi, forse perché convinti che quanto acquisito non possa ormai più andar perduto, sottovalutano l’enorme valore di queste parole. La democrazia certo nel nostro Paese è un caposaldo, ma sempre di più, purtroppo, vengono elegantemente glissate regole che ne costituiscono principi base.
Vado subito agli esempi per essere maggiormente compresa: quando in Parlamento, organo democratico per eccellenza, al fine di evitare dibattito e di permettere una reale opposizione, chi governa ricorre frequentemente alla fiducia, è inevitabile che il dibattimento democratico venga meno. Quando quello stesso Parlamento vota a favore di leggi che permettono a chi ci rappresenta di evitare di essere controllati, o sottoposti a processi, solo grazie alla carica ricoperta, la responsabilità che gli eletti hanno verso gli elettori viene meno, e dunque la
democrazia rappresentativa ne subisce un evidente danno a suo carico.
Lo stesso art. pone come fondamenta della Costituzione il Lavoro, come diritto di ciascun
cittadino, affermando in seguito che la Repubblica (art. 4 Cost.) promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Il lavoro rappresenta anche il dovere di partecipazione al progresso della società italiana. Lavoro: nobilissima parola, che dovrebbe consentire un’esistenza libera e dignitosa…
Come è difficile oggi ritrovarsi in queste parole. Come possono credere a questi principi inviolabili i tanti giovani disoccupati o precari? E come possono fidarsi dello Stato tutti quei cassaintegrati che non riescono più a vivere in maniera dignitosa insieme alle loro famiglie? Soprattutto oggi che, dopo mesi di iniezioni di ottimismo, siamo giunti alla dichiarazione ufficiale di crisi per cui si rende necessario “mettere a dieta lo Stato”. A sessantaquattro anni da quel Referendum, mi piacerebbe che l’intero popolo italiano rileggesse attentamente la nostra Costituzione, sia gli elettori che gli eletti, al fine di ricordare e di imprimere nella memoria quanto questa disciplina, partendo appunto dall’art. 1, che per intero, così recita: “L’ Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
In occasione dell’anniversario del Referendum del 2 giugno 1946, mi chiedo come questo principio fondamentale della Carta sia percepito dagli italiani e se il suo valore semantico si sia modificato nel tempo.
Non voglio creare una sterile e, probabilmente, retorica polemica, ma questo articolo rappresenta la base della vita pubblica, ma anche privata di ciascun italiano. Troppo spesso, però, i cittadini stessi, forse perché convinti che quanto acquisito non possa ormai più andar perduto, sottovalutano l’enorme valore di queste parole. La democrazia certo nel nostro Paese è un caposaldo, ma sempre di più, purtroppo, vengono elegantemente glissate regole che ne costituiscono principi base.
Vado subito agli esempi per essere maggiormente compresa: quando in Parlamento, organo democratico per eccellenza, al fine di evitare dibattito e di permettere una reale opposizione, chi governa ricorre frequentemente alla fiducia, è inevitabile che il dibattimento democratico venga meno. Quando quello stesso Parlamento vota a favore di leggi che permettono a chi ci rappresenta di evitare di essere controllati, o sottoposti a processi, solo grazie alla carica ricoperta, la responsabilità che gli eletti hanno verso gli elettori viene meno, e dunque la
democrazia rappresentativa ne subisce un evidente danno a suo carico.
Lo stesso art. pone come fondamenta della Costituzione il Lavoro, come diritto di ciascun
cittadino, affermando in seguito che la Repubblica (art. 4 Cost.) promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Il lavoro rappresenta anche il dovere di partecipazione al progresso della società italiana. Lavoro: nobilissima parola, che dovrebbe consentire un’esistenza libera e dignitosa…
Come è difficile oggi ritrovarsi in queste parole. Come possono credere a questi principi inviolabili i tanti giovani disoccupati o precari? E come possono fidarsi dello Stato tutti quei cassaintegrati che non riescono più a vivere in maniera dignitosa insieme alle loro famiglie? Soprattutto oggi che, dopo mesi di iniezioni di ottimismo, siamo giunti alla dichiarazione ufficiale di crisi per cui si rende necessario “mettere a dieta lo Stato”. A sessantaquattro anni da quel Referendum, mi piacerebbe che l’intero popolo italiano rileggesse attentamente la nostra Costituzione, sia gli elettori che gli eletti, al fine di ricordare e di imprimere nella memoria quanto questa disciplina, partendo appunto dall’art. 1, che per intero, così recita: “L’ Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Claudia Bastianelli
Resp. Pari Opportunità FGS
Resp. Pari Opportunità FGS
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