Comitato Nazionale di madri di bambini e ragazzi disabili gravi LE MAMME H dopo aver scritto più volte al Ministro per le Pari Opportunità, On. Mara Carfagna, sono state finalmente convocate.
La spinta che le muove è la constatazione che per le famiglie con figli disabili non esistono Pari Opportunità.Verranno presentati 5 punti di confronto.
La disabilità è un argomento complesso e vasto. I bambini che nascono con patologie genetiche , metaboliche, traumi da parto , sono in forte aumento , senza dimenticare quelli che diventano disabili a causa di incidenti stradali o domestici .
La famiglia si trova da un momento all’altro a dover cambiare vita, viene travolta dai sentimenti, dai timori, dalla disperazione , dalla incredulità.
Le madri con figli disabili non hanno le stesse Pari Opportunità della altre madri.
Le donne che si trovano a vivere la realtà di un figlio disabile non vengono informate adeguatamente del sostegno previsto dalle nostre leggi che spesso sono inapplicate proprio da chi dovrebbe invece metterle in opera.
Il primo ostacolo a cui si trova di fronte una madre è la mancata e adeguata assistenza per permetterle di continuare a lavorare , sia per mantenere inalterato il livello economico del nucleo famigliare, sia per mantenere un minimo di vita di relazione, che può aiutare nel tempo a vivere un contesto sociale e non rischiare di cadere nella depressione più totale. Abbiamo esempi strazianti di madri che uccidono il figlio disabile e a volte si uccidono esse stesse...
Le patologie genetiche, gravissime in molti casi , possono coinvolgere l’apparato motorio , respiratorio, sensoriale: ci troviamo così di fronte a un bambino che per vivere ha bisogno di un respiratore, dell’inserimento della PEG ( sondino per l’alimentazione inserito nello stomaco) e con la vista o l’udito compromessi .In questi casi per permettere alla mamma di tornare al lavoro dopo il periodo previsto per il congedo di maternità sarebbe necessaria un’assistenza con personale sanitario di almeno 10 ore al giorno ( 8 di lavoro e 2 per gli spostamenti). Così non è se non in rarissimi casi: nella maggior parte delle situazioni in tutte le Regioni italiane le madri sono costrette a scegliere se occuparsi del loro bambino, rinunciando al lavoro o scegliere il lavoro, rinunciando a vivere con il proprio figlio.
Il delitto peggiore che si possa commettere è separare un figlio dalla propria madre, e questo avviene quando questi ragazzi vengono inseriti nei centri residenziali, non inferiore come gravità a mettere di fronte a scelte sofferte, solo per motivi economici, queste stesse madri che hanno la sola colpa di appartenere a un ceto medio , o medio basso.
A quali madri di figli normodotati viene chiesto di fare questa scelta? Per loro ci sono le babysitter, i nidi , i nonni, per i figli in condizione di handicap invece le babysitter non hanno la preparazione necessaria, gli asilo-nido spesso non si attivano, visto che fanno capo al Comune le spese di gestione ,i nonni ,quando ci sono ,sono spaventati dall’impegno “straordinario nel vigilare un bambino con disabilità grave.
“Mancano i fondi necessari”: sono le parole che sia le ASL che i comuni tramite gli assistenti sociali ripetono fino alla nausea alle famiglie , ma allora che devono fare queste donne e madri? Quali sono le priorità di un Paese civile?
Le madri con figli disabili non hanno le stesse Pari Opportunità della altre madri.
Le donne che si trovano a vivere la realtà di un figlio disabile non vengono informate adeguatamente del sostegno previsto dalle nostre leggi che spesso sono inapplicate proprio da chi dovrebbe invece metterle in opera.
Il primo ostacolo a cui si trova di fronte una madre è la mancata e adeguata assistenza per permetterle di continuare a lavorare , sia per mantenere inalterato il livello economico del nucleo famigliare, sia per mantenere un minimo di vita di relazione, che può aiutare nel tempo a vivere un contesto sociale e non rischiare di cadere nella depressione più totale. Abbiamo esempi strazianti di madri che uccidono il figlio disabile e a volte si uccidono esse stesse...
Le patologie genetiche, gravissime in molti casi , possono coinvolgere l’apparato motorio , respiratorio, sensoriale: ci troviamo così di fronte a un bambino che per vivere ha bisogno di un respiratore, dell’inserimento della PEG ( sondino per l’alimentazione inserito nello stomaco) e con la vista o l’udito compromessi .In questi casi per permettere alla mamma di tornare al lavoro dopo il periodo previsto per il congedo di maternità sarebbe necessaria un’assistenza con personale sanitario di almeno 10 ore al giorno ( 8 di lavoro e 2 per gli spostamenti). Così non è se non in rarissimi casi: nella maggior parte delle situazioni in tutte le Regioni italiane le madri sono costrette a scegliere se occuparsi del loro bambino, rinunciando al lavoro o scegliere il lavoro, rinunciando a vivere con il proprio figlio.
Il delitto peggiore che si possa commettere è separare un figlio dalla propria madre, e questo avviene quando questi ragazzi vengono inseriti nei centri residenziali, non inferiore come gravità a mettere di fronte a scelte sofferte, solo per motivi economici, queste stesse madri che hanno la sola colpa di appartenere a un ceto medio , o medio basso.
A quali madri di figli normodotati viene chiesto di fare questa scelta? Per loro ci sono le babysitter, i nidi , i nonni, per i figli in condizione di handicap invece le babysitter non hanno la preparazione necessaria, gli asilo-nido spesso non si attivano, visto che fanno capo al Comune le spese di gestione ,i nonni ,quando ci sono ,sono spaventati dall’impegno “straordinario nel vigilare un bambino con disabilità grave.
“Mancano i fondi necessari”: sono le parole che sia le ASL che i comuni tramite gli assistenti sociali ripetono fino alla nausea alle famiglie , ma allora che devono fare queste donne e madri? Quali sono le priorità di un Paese civile?
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